Vigilia di Natale

24 Dicembre 2012
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4 minuti di lettura

Ho sempre creduto che il Natale fosse più di una ricorrenza e non nascondo il biasimo verso chi, ogni anno, mi ripete di non vedere l’ora che passi.

Mi è sempre piaciuto respirare l’aria del Natale per le strade, per poi rintanarmi in casa con i miei affetti, le cose a cui tengo, e trovare la scusa per abbracciare i parenti.

Ho sempre amato la tradizione dei regali: iniziare a pensare già da Novembre a come far felice la persona che ami, il desiderio di trovarti con lei dopo la mezzanotte, finalmente soli, a guardarla col cuore in gola attento a cogliere anche il minimo sospiro di attesa, per riempirti del suo sguardo pieno di luce e poi, come un bambino, stare lì con le mani in trepidazione davanti alla frase “adesso tocca a te”, mentre la mente tenta di indovinare i suoi pensieri… e poi fare l’amore e addormentarsi abbracciati l’uno all’altra, nel calore della vostra stanza: un piccolo cuore che pulsa al centro dell’universo.

…ed i piccoli pensierini per gli amici che devono costare poco ma non essere cazzate, quelli per i tuoi parenti stretti e per il brontolone di turno che condanna ogni anno quelle abitudini consumistiche mascherate dal desiderio di essere felici di donare qualcosa alle persone che ami.

Ho sempre amato il Natale anche se, ormai da qualche anno, tante cose sono cambiate.

Oggi, alla vigilia, con la scusa di un post di auguri a voi che partecipate a questo spazio telematico, provo a chiarirmene le cause.

Con tutto il rispetto possibile per chi vive l’evento in senso esclusivamente religioso, ritengo riduttivo associare il Natale ad una banale festa di compleanno, seppure il festeggiato sia persona degna di stima e rispetto a prescindere dalle credenze; sarebbe irrealistico e soprattutto svaluterebbe il suo significato più profondo.

Io credo che il Natale sia anzitutto un momento interiore nel quale è d’obbligo chiedersi se le cose in cui crediamo stiano ancora in piedi.

Spesso ciò in cui si crede è strettamente collegato ad altre entità, alla famiglia che ci ha cresciuti o a quella che stiamo crescendo, alle piccole o grandi cose di cui ci circondiamo, agli amici che anche se lontani ci scaldano il cuore, quando due gatti che nelle notti fredde si infilano sotto le coperte pretendendo di essere abbracciati come due figli ci portano alla mente il ricordo dei grandi amori vissuti, alcuni perduti in galassie lontane, altri pericolosamente vicini… e ancora la musica, balsamo per l’anima, quella melodia che è capace di portare in superficie le emozioni del passato e farci sentirti così dannatamente vivi da ridere davanti alla presunzione di chi vorrebbe ridurci a sole creature di sangue e carne destinate alla morte biologica.

Cos’è diventato il Natale per me oggi, cos’è cambiato negli anni, perchè riesco ancora a ricordare la magia pur assistendo impotente alla sua contaminazione anno dopo anno.

Ecco, oggi sono sicuro che dipenda da qualcosa che non riesco ad identificare in altro modo se non come disincanto.

Tanti anni fa non capivo come una tra le persone più importanti della mia vita mi dicesse quanto odiasse queste feste.
Oggi la capisco, in realtà chi odia il Natale o più in generale la “stagione” natalizia lo fa perchè deve accettare suo malgrado la mancanza di qualcosa di fondamentale, quell’intangibile certezza che da un senso alle festività di questa natura.

E’ difficile spiegarlo ma ci provo.

Anche la persona più emancipata e con la mente aperta non si può sottrarre all’atmosfera che si respira nelle strade e dentro le case. Possiamo convincerci che il Natale è una festa del consumo, che è un’inutile ricorrenza religiosa tral’altro storicamente errata, ma non si può non riconoscere che quell’albero con le lucine colorate che si intravede nei balconi delle altrui abitazioni abbia il suo fascino, e così che le case sempre piene di gente con i bambini che corrono felici non siano uno spettacolo testimone di come sia dannatamente vero che gli umani non devono vivere da soli.

Il Natale è anzitutto riconoscere e riconoscersi come esseri con il dono di amare ed al contempo la fortuna di poter essere amati. Se manca una di queste condizioni, il Natale diventa una festa noiosa dove la cena è la solita pallosa riunione col parentame ed i regali un attentato ai propri risparmi.

Abbiamo bisogno di giustificazioni per dissacrare qualcosa di importante, perchè quale bambino non amava spacchettare i propri doni sotto l’albero certo di avere intorno persone che lo amavano.

Dissacriamo quando siamo delusi e disincantati, dissacriamo quando il peso di certe verità diventa troppo pesante da sopportare e lo scarichiamo su altro.

Qualche tempo fa le ho regalato delle Altec Lansing che portassero musica alla sua anima, il Natale successivo un anello tibetano con incisa la testimonianza della nostra unione, quello dopo un orologio che ne suggellasse il carattere eterno. Lei ha tenuto le casse ma ha perso l’anello e cambiato l’orologio per un paio di scarpe: con queste è fuggita lontano.

In una galassia lontana, il ricordo di un amore sofferto ha inciso la prima tacca del disincanto sul mio cuore scoperto, e seppur si parli di milioni di anni luce distante dal pianeta terra, esso mi ha reso sospettoso, cauto, ossessionato dal sentimento dell’abbandono, in un insieme capace di amare a condizioni.

Oggi mi scopro misero in questa forma e quando mi domando se abbia mai amato riesco a rispondermi: si, tantissimo.

A volte un solo tassello fuori posto ci rende incapaci di vivere un momento così importante come il Natale, una ferita ancora aperta, una famiglia che non c’è, amici che non osano, eppure è così facile cercare nel nostro cuore anche solo una persona e chiederci se l’amiamo ancora e poi, con tutta l’onestà e la sincerità che siamo in grado di riconoscerci, risponderci: si, l’amo ancora e che coglione sono a parlare ancora di condizioni.

Il mio augurio quindi è che, questa sera, ognuno di noi possa girare la carta della propria ferita, guardarne la forma e semplicemente ammettere: si, è ancora qui nel mio cuore e sarà sempre parte di me.

L’augurio successivo è che ognuno di noi, da questa sera, possa acciuffare la propria ferita per i capelli, stringersela al petto anche se fa male e considerarla una benedizione perchè di una cosa sono certo: essere capaci di sentire il proprio cuore non è affar da poco, specialmente in questi tempi.

Auguri di cuore per un sereno Natale ed auguri a Te che sei qui a tenere accesa l’ultima candela, finchè il mio cuore lo vorrà.

Nicola Randone, alias Art, è Scrittore, musicista compositore, leader della band Randone con all'attivo 7 cd ed 1 dvd LIVE sotto edizione discografica Electromantic Music. Qui pone frammenti di vita, espressioni dell'anima, lamenti del cuore ed improbabili farneticazioni intellettuali.

2 Comments

  1. Auguri a te Art e a tutti. Queste feste stanno finendo e la cosa mi mette ogni anno tristezza. E’ come se ogni volta riponessi nel Natale chissà cosa, pace, serenità…e poi quando tutto sta per finire mi si apre sempre un vuoto nel cuore. Che rigorosamente non viene colmato da nulla.
    L’articolo è stato piacevolissimo da leggere ed è stato facile ritrovarsi in ogni riga. E’ vero, sentire il proprio cuore non è cosa scontata, a volte rende più pesante la vita, ma è così che io so viverla.
    Ed è vero quello che scrivi, gli umani non devono vivere da soli, è quello che ho provato in queste feste che per me sono state molto dure ma rigeneranti…stare insieme è importante, essere in tanti ad amarsi è importante, ed è un peccato che questo debba accadere solo a Natale.

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