12 anni fa ho scritto di mio nonno e ho letto quello che avevo scritto al suo funerale. E’ facile parlare di un nonno perché quello che ti lascia, ce l’hai impresso nella pelle e sui muscoli; accanto a quello di mio padre, era il modello a cui potevo ispirarmi su come gestire le relazioni con gli altri umani. Mio nonno è stato uno dei miei eroi, ripetevo sempre a tutti: guai a voi se vi mettete contro lui e non siete nella lista di quelli a cui vuole bene.
Facile parlare per un uomo del suo eroe, dei suoi eroi… li celebra conservandoli sul piedistallo più alto e ne manipola il ricordo col passare del tempo.
Ma cosa dire delle nonne… come parlare di mia nonna Ninetta senza essere costretto ad entrare in qualcosa di ben più profondo delle ossa e dei muscoli. E sapete… io non riesco a raggiungere più quella parte ormai, perché là dentro ci sono le cose che mi fanno più paura. In quell’angolo nascosto ci sono solo sensazioni ed odori, e quando provo a sbirciare, scorgo un bambino rannicchiato sul pavimento che dice: nonna guardami, faccio la verticale; nonna, mi fai la pasta con la stracciatella; nonna… dove sei? Nonna… perché non mi rispondi? A quel punto mi tiro indietro, giro le spalle e fuggo! Devo andare il più lontano possibile perché rischio di piangere… si… quel brutto sfogo mi renderà patetico agli occhi di tutti, nessuno deve vedermi piangere, Che pianga lui, da solo nel suo buco, lontano almeno 40 anni ricordi fa.
L’altro ieri però, la mia nonnina se n’è andata, e dovrei dire qualcosa a quel bambino laggiù, dovrei avvisarlo. Ma se glielo dico e si mette a piangere? Se poi fa casino per venire fuori a salutarla… lui crede che i nonni, dopo la fine, volino in quelle bianche e fragili piume a primavera, crede che da quel momento in poi lo guarderanno dall’alto per proteggerlo.
Nonna Ninetta Sua aveva un modo tutto suo di prendersi cura, il mio bambino non si sentiva mai costretto ad essere in un modo o nell’altro, con lei bastava che fosse se stesso, ed ogni cosa di quel sé alla sua nonna bastava e piaceva. Cosa può esserci di meglio per un bambino di una nonna buona che non lo rimprovera mai.
Mi avvicino di nuovo a quella porta, ma il tempo di sentire l’odore di quel brodino con la stracciatella e mi assale una melanconia che non riesco a trattenere; voglio piangere, lo faccio, sotto l’acqua della doccia, un’ora prima del funerale! Ho paura di non fermarmi, paura di restare senz’aria. Ma poi succede! Riprendo il controllo, sono di nuovo in me.
Perché non riesco a vedere altro? Perché nei ricordi di mia nonna ci sono solo i suoi sorrisi, la parola rassicurante, gli odori di quello che cucinava? Perché non trovo un modello a cui potere ispirarmi, una parola per descrivere la sua vita diversa da: buon odore, bianco, dolce, gentile, mamma, gelato, cortile, giardino di padre enrico, a nonna, bimbo mio… bimbo mio… bimbo mio.
Penso a quello che ho scritto… sono di nuovo in me. Il bambino rannicchiato nel buco è venuto fuori per qualche minuto, era lui che piangeva, perché adesso lo sa… lo sa che sua nonna è andata in cielo. Adesso che lo sa è più sereno e sono sicuro che sta pensando che la sua nonna è una stella, e nel cielo sarà lei a brillare più di tutte le altre, salvo scendere giù a primavera, in forma di piuma bianca, a sfiorare il viso del suo cinico alter ego 50enne.
Ecco perché non mi viene facile parlare di te nonna, dovrei prima riuscire a parlare col mio bambino.
Grazie Valerio… è quello che devo riuscire a fare , sono stanco dell’indurimento a cui mi costringe il passare del tempo, stanco del cinismo, ho voglia di tornare a fantasticare tra le stelle. Un abbraccio
ma se ci sta riuscendo il “nostro” solenne e severo R.Waters (“I’ll tell you one thing, Jerry Me old mucker It’s not all dark, is it?”) tutti possiamo farlo. L’eclissi finirà, la luna dovrà pur spostarsi da lì, no? Un abbraccio anche a te e grazie per tutto quello che condividi :)
Apri quella porta, lascialo piangere se vuole, tendigli la mano e rassicuralo :)