Essere padre

18 Agosto 2019
14 minuti di lettura

Quando l’involucro mortale di Corrado Santiago ha iniziato a svilupparsi nelle viscere di sua madre, per qualche tempo ho trovato utile cantargli le prime strofe di Selling England by the Pound, spiegando poi a quel piccolo fagiolino (che immerso nella sua acquetta speravo, in qualche modo, potesse ricevere il messaggio) come la vita fosse una favola meravigliosa fatta di suoni, parole, odori ed emozioni sempre nuove che sarebbero state sue fin quando lo avesse voluto. Gli raccontavo poi di reami incantanti popolati da elfi, nani e uomini coraggiosi, luoghi che avrebbe potuto visitare e vivere aprendo semplicemente un libro: di storie ne erano state raccontate tante e per tutti i gusti, perché gli uomini sulla terra c’erano da molto tempo ed alcuni di loro erano riusciti persino a fare qualcosa di buono per quelli che sarebbero venuti. Gli raccontavo anche del mondo vero, quello che si vede con gli occhi, si tocca col corpo e si respira… quel mondo che avrebbe scoperto così grande che non gli sarebbe bastata una vita per vederlo tutto. La cosa più importante poi è che quando lo avrebbe voluto, se ne sarebbe potuto andare per i fatti suoi, e nel suo peregrinare contare su di un suo personalissimo faro: una luce che anche nell’oscurità più completa e spaventosa sarebbe stato facile seguire se avesse sentito il bisogno di tornare a casa. Quella luce era la sua famiglia: la mamma che stava per accoglierlo al mondo con l’abbraccio più caldo di tutti, ed il suo papà che non vedeva l’ora di rotolarsi insieme a lui nelle verdi colline di una campagna inglese. Mamma e papà ci sarebbero stati sempre e lo avrebbero fatto insieme, come la roccia che taglia in due la cascata; lo avrebbero protetto e guidato là dove e fin quando lui glielo avrebbe chiesto; si sarebbero amati e così avrebbero amato lui, per il tempo che sarebbe stato necessario.

Tuttavia, la realtà del nostro mondo e delle nostre piccole vite (a volte) sbandate, ha fatto in modo che ogni costruzione mentale e tanta fanta-filosofia che avevo imbastito abbiano avuto il buon senso di auto-demolirsi spontaneamente. Anche per questo motivo ho procrastinato così tanto il primo intervento sulla mia acquisita condizione di genitore: se non avessi avuto il tempo di riflettere su ciò che mi stava accadendo avrei corso il rischio di scrivere qualcosa di eccessivamente distante dal mio reale sentire; pensate che persino adesso, a distanza di qualche mese dalla prima stesura di questo post, sono ancora qui ad apportare modifiche (nota dell’11 Settembre 2019).

Vi aspettereste che nel redigere un testo del genere debba cominciare dal principio e quindi dal giorno della nascita di Corrado, ma non lo farò, penso infatti che questo sia solo il modo per restare intrappolato in un irritante sequela di congetture su quello che sarebbe successo se o forse avrei dovuto fare qualcosa per etc etc. Allo stato attuale, in tutta onestà, vi assicuro che l’unica esperienza che posseggo è quella di un mutevole e fluttuante oggi nel quale ciò che è stato ieri non conta mentre ciò che sarà domani è paranoia quindi, al diavolo tutti “i c’era una volta” e vediamo cosa esce fuori qui ed ora.

Anzitutto, visto che sono padre da appena 15 mesi immagino che questo sia solo il primo degli step da affrontare e cioè la fase in cui sei genitore di una creatura non auto sufficiente e la cui vita dipende interamente da te. Se dovessi quindi riassumere in poche parole tutto ciò che ho capito da quando Corrado Santiago e nato riguardo l’essere suo padre, potrei senz’altro dire che sto ponendo in essere le condizioni per le quali affrontare responsabilmente il presente, ovverosia smettere di scappare e fare i conti con tutte le mie paure passate, presenti e future.

Ecco, prima che decidessi di affrontare l’argomento in questo post non avrei mai immaginato che sarebbero bastate queste poche parole a descrivere “il caos” in cui la mia mente si è trovata proiettata da 15 mesi a questa parte. Purtroppo, il finto sollievo che si prova quando si crede di poter ridurre un insieme di emozioni schiaccianti in poche parole, dura molto poco: ” Nihil est dictu facilius ” recitava un antico detto… ovverosia fottutamente facile a dirsi che a farsi :)))

Adesso spero possiate capire la mia delusione nell’apprendere che nonostante gli sforzi fatti dall’adolescenza ad oggi per delineare la mia personalità (e credetemi se vi dico che sono stati tanti), mi trovo all’improvviso costretto a rimettere tutto in discussione: molte delle idee di vita sulle quali avrei messo la mano sul fuoco e che ho reso peculiarità della mia persona, si stanno dopotutto rivelando fastidiosi difetti invalidanti: aver trovato nel Cammino lo strumento per fuggire dalle trappole della società, utilizzare la tristezza per comporre canzoni, scrivere poesie per esorcizzare gli effetti negativi delle emozioni ed infine divorare serie TV su Netflix quando non c’è modo di attuare i precedenti stratagemmi, hanno mutato il loro significato originale convertendosi in banali scuse che attivo per scappare dalle rogne ed ora che sono padre da più di 15 mesi, ho capito che non si può scappare da tutto… magari dagli stronzi razzisti e dalla gente stupida si, ma non dalle responsabilità che la vita ti impone, che mi piaccia o no.

Tornando a me e a quello che volevo trasmettervi riguardo l’acquisita condizione di genitore, gestire le paure e smettere di fuggire laddove è richiesta la mia presenza è diventata la mia attività principale, tanto che tutto il resto è passato in secondo piano… parlo delle relazioni sociali, della musica (ahimè), di questo blog e di tutto ciò che oramai ho dovuto far rientrare alla voce “svago”. Mi rendo conto di quanto personale ed unica possa essere l’esperienza genitoriale di ognuno di noi e per questo non mi aspetto certo di vedere condivisa la mia posizione anche da altri genitori: magari alcuni non hanno mai sentito bisogno di scappare dalla società e quindi sono già istruiti in merito (a loro probabilmente toccherà riflettere su altro); altri invece potrebbero trovarsi in disaccordo con me ed avere anche le loro buone ragioni. Insomma, quello di cui sto parlando è frutto di una lunga riflessione su ciò che “IO” con il mio personale bagaglio di esperienze ritengo più giusto per mio figlio. Qualcuno potrebbe sottolineare il fatto che subisco i condizionamenti dell’educazione: gli insegnamenti del padre che maturano nella mente del figlio nel momento in cui anche lui diventa genitore. Ecco, seppure in un certo momento della mia vita non lo avrei creduto possibile, oggi credo sia ragionevole pensare che riguardo la disponibilità al sacrificio, mio padre non avesse avuto tutti i torti e che alla fin fine, se l’obiettivo è quello di permettere a tuo figlio di crescere e diventare uomo, devi sacrificare una parte di te. Oggi più che mai mi rendo conto che quando ripetevo a me stesso di mandare a quel paese le regole della società e qualsiasi condizionamento beh… non facevo altro che cadere nel tranello più subdolo della mia stessa mente e cioè quello di credere che ci sia solo un modo di vedere le cose, il mio! Questo non significa vedere la vita come la vedono gli altri o peggio aderire ad un insieme di regole dettate dalla società, semplicemente si tratta di avere davanti la tua personalissima visione ma essere anche capace di leggere ed accettare quella della persona che ti ha cresciuto o magari di un amico più saggio. Ho sempre creduto che i veri stupidi sono coloro che non cambiano idea e a cui non capita mai di contraddirsi, quindi l’idea che ci sia un modo di vivere e pensare diverso da quello che sostenevo, era una possibilità che avevo sempre tenuto in considerazione, anche solo per non auto tacciarmi di stupidità.

Detto questo, la consapevolezza è utile per non cadere nelle nevrosi ed in me è stato utile anche un certo percorso con un bravo terapeuta, tuttavia seppure abbia compreso il tipo di azione da seguire, ciò non significa che la mia strada sia diventata più facile, al contrario… se prima sapevo come fuggire dalle paure, adesso mi ritrovo a dover fare qualcosa di assolutamente nuovo e cioè… affrontarle. Purtroppo non basta che il mio terapeuta mi rassicuri sul fatto di avere un intelligenza di base più che sufficiente per tenere testa alla crescita di un figlio, non serve che gli amici mi ricordino che posso continuare ad essere me stesso ed anzi devo farlo per il bene di entrambi… dentro me so benissimo che se non sto attento, le paure che mi si mettono davanti e che temo di affrontare, possono diventare anche quelle di Corrado, e non c’è niente di peggio per un genitore d’essere la causa principale della sofferenza di un figlio, anche se ce l’ha messa tutta per non fargli mancare niente.

Fino a che punto sarò quindi in grado di dargli tutta la sicurezza che gli serve quando mi preoccupo di non avere la forza di stargli dietro e temo per la mia vita più di quanto non abbia fatto fino ad ora. Probabilmente, il senso di questa insicurezza è dato dal fatto che non mi sono mai trovato oberato da un così imponente carico di responsabilità, prima che tutto questo accadesse dovevo solo badare a me stesso e potevo decidere di mandare al diavolo ogni maledetta rottura di scatole: se il lavoro mi stava stretto, facevo in modo di lasciarlo per trovarne un altro; se l’amore dava più problemi che gioia, facevo in modo che finisse; se gli amici, i parenti più stretti, l’intera società provavano a superare quel confine nel quale “incatenavo” la mia libertà, me ne andavo per un mese buono sulla Via di Santiago per incontrare persone più vicine al mio modo d’essere che comunque avrei potuto distanziare, allungando il passo, se avevo bisogno di solitudine.

Benvenuto nel mondo degli adulti Art, da qui non puoi fuggire. Hai fatto del tuo meglio per trovare un impiego che ti desse sicurezza invece di aspettare che ti arrivasse dal cielo la solita proposta precaria: hai bussato alla porta che sapevi ti avrebbe incatenato con uno stipendio fisso fatto di 14 mensilità, un vero atto eroico! Sei stato bravo, hai saputo prenderti le tue responsabilità. Quel primo passo però non è stato certo il punto di arrivo (come credevi) ma solo il calcio d’inizio (in pieno di dietro) verso uno stile di vita che pensavi non ti sarebbe mai appartenuto.

E già, sebbene fossi benissimo a conoscenza delle incombenze che mi aspettavano, di sicuro non potevo sapere di trovarmi così impreparato a questo nuovo modo di vivere che l’entusiasmo per la novità mi aveva portato a sottovalutare in termini di conseguenze a lungo termine. C’è voluto più di un anno prima che prendessi consapevolezza di quello che credo sia uno dei miei più grandi limiti e cioè essere fondamentalmente un bamboccione viziato che ha sempre fatto quello che katz ha voluto. Se nella vita avessi sperimentato maggiori difficoltà, se dopo la scuola fossi stato costretto a guadagnarmi il pane senza avere il privilegio e la fortuna di poter accedere alla dispensa di mamma, probabilmente sarei stato maggiormente preparato a quello che stava accadendo.

A parte questo, c’è sicuramente un motivo per il quale la natura ci ha reso capaci di procreare già da giovanissimi: in assenza di sovrastrutture così imponenti come quelle di un quarantenne, ci sono di sicuro meno cattive abitudini di cui liberarsi e più tempo e flessibilità mentale per adattarsi alla nuova vita ed assolvere al ruolo di genitore senza seghe mentali e resistenze. Se a 18 anni mi avessero domandato cosa significava essere padre avrei certo risposto: ho tutto il tempo per impararlo come si deve, qui c’è la mia cavia per i prossimi 15 anni almeno. Da giovane ero convinto che la vita fosse un bellissimo regalo da prendere di petto, mi piaceva dissacrare le convenzioni ed il conformismo in genere e se qualcuno voleva farmi cambiare idea beh… gli alzavo il dito medio, e mio fratello di 20 anni più giovane lo sa bene visto che gli ho insegnato a fare lo stesso contro chi gli vietava questo o quello. L’incoscienza di quell’età ti fa credere che il tuo mondo sia quello più giusto e in effetti sono stati molto rari i momenti in cui ho messo in discussione quello in cui credevo come praticamente inesistenti quelli in cui ho permesso che lo facessero altri. Quando avevo 18 anni la mia vita era un eccitante spettacolo e non vedevo l’ora di presentarlo a quell’altrettanto straordinario palcoscenico che era il mondo tutto.

Poi è arrivato il disincanto, la consapevolezza di non aver fatto abbastanza per farmi ascoltare a dovere, il disagio nato dall’idea che al mondo non fregasse quasi nulla di quello che potevo dargli perché quel talento che alcuni mi riconoscevano, beh… non era quello che la massa brutale ed informe chiedeva. Sapete, scoprire d’un tratto d’essersi illuso di poter piacere a tutti è una cosa che smaschera tutte le insicurezze che ci portiamo dietro da quel delicato periodo che è la nostra infanzia, e così quell’energia creativa che produceva parole, musica e sentimenti si è presto rivelata come ciò che realmente era e cioè la reazione al bisogno di un bambino d’essere ascoltato ed apprezzato.

Credo sia facile adesso comprendere la preoccupazione che mi coglie quando temo di poter trasmettere anche a mio figlio il disincanto che mi accompagna da diversi anni a questa parte. Non ho nessuna voglia di mentirgli ma nello stesso tempo mi adopero con tutte le mie forze perché egli possa credere che il mondo nel quale l’abbiamo portato, beh… quel mondo sia un bel posto e non un luogo di gente incazzata gli uni con gli altri dove chi grida più forte (nel vero senso del termine) è guardato con rispetto e considerazione mentre chi è portato naturalmente alla gentilezza verso il prossimo viene considerato debole. Come faccio a dimostrargli che gli basta essere se stesso con le sue speciali e particolari peculiarità per essere felice quando al contrario, intorno a lui, buona parte delle persone gli mentirà e attuerà strategie per togliergli quello che ama.

Una volta pensavo che la maggior parte della gente fosse buona e che le persone cattive sembrassero di più solo perché del male si parla più spesso che del bene. Poi ho capito che tra il nero ed il bianco ci sono moltissime sfumature e ahimè, quelle più scure sono di gran lunga superiori alle altre. La grande bugia alla quale ho voluto credere per anni l’ho forgiata io stesso scegliendo i miei amici, selezionando attentamente le mete dei miei viaggi, scrivendo parole e musiche solo per una piccola élite di persone che credevo rappresentassero la maggioranza della razza umana; mi è bastato l’arrivo di Facebook, vivere per qualche anno a Catania e frequentare ambienti lavorativi più competitivi per capire che i più sono fatti di tutt’altra pasta. All’inizio ho creduto che potevo riappacificarmi con l’idea di umanità facendo il Cammino, ma era solo un modo per continuare a credere in quella bugia e così stare meglio. La maggior parte delle persone non sanno cosa significa stare al mondo come essere umani civilizzati, sono come le bestie che cercano solo il modo migliore per avere più dell’animale che gli passa accanto, sono piccoli ed invidiosi bambini mai cresciuti senza un briciolo di talento e con un cuore appassito, trogloditi che si nascondono nelle loro caverne pronti a scagliare la loro lancia verso chiunque si avvicini, e queste stesse persone trasmettono il loro vuoto interiore anche ai loro figli condannandoli alla loro stessa limitata visione.

Ed eccomi ad un nuovo punto fondamentale di tutto il ragionamento. Essere padre non significa per me solo smettere di scappare e affrontare le paure che prima fuggivo, ma fare i conti con la realtà che ho imparato a conoscere, imbastire la giusta formula dialettica per trasmettere a mio figlio un’idea meravigliosa della vita ed allo stesso tempo avvertirlo che, come nella giungla, deve guardarsi alle spalle, cercando di intaccare il meno possibile la prima immagine. Il problema però sta nel fatto che non sono dentro un cartone della Disney dove l’eroe distrugge sempre il male, mio figlio avrà il mio esempio e cioè quello di un uomo che davanti al drago si mantiene ad una prudente distanza di sicurezza. Quando crescerà potrebbe vedere un genitore che per gentilezza non risponde allo stronzo che si è messo davanti a lui in coda, si accorgerà che suo padre, per non fare dispiacere al suo capo, potrebbe anche accontentarsi di un ruolo da subalterno quando avrebbe mezzi e capacità per dirigere un’azienda intera. Se mio figlio dovesse arrivare a pensare che sono succube degli altri e che non so farmi valere, beh… sarebbe il dispiacere più grande. Probabilmente, per gentilezza nei miei confronti (o carineria come direbbe Giuliana) non riuscirebbe mai a dirmelo, ammalandosi così della mia stessa malattia. Poi dovrebbe sprecare tempo ed energie per trovare gli strumenti per rassicurare il suo fragile io, risorse che potrebbero essere impegnate per quello che gli interessa davvero e non per una fottuto copione scrittogli dal padre.

Ecco, credo di aver focalizzato meglio tutto quello che è successo dentro di me negli ultimi mesi ed in questo processo di auto-analisi riesco anche a dare una giustificazione alla reazione (naturale) della mia “mente-corpo” che questo Aprile mi ha quasi mandato al circolo dei soggetti PTSD. Certo, probabilmente non avrei mai scoperto d’essere un soggetto ansioso se non fossi stato colpito nell’io-zona ed oggi non mi ritroverei a lottare per trovare una soluzione. Una cosa è certa, dalla mia ho sempre avuto la capacità d’essere razionale e di affidarmi alla logica quindi, se la mia principale preoccupazione è il futuro, senza avere una sfera di cristallo non posso essere certo che tutto finisca male. Mi tornano di nuovo alla mente le parole di Chiara, mia sorella: davanti a due possibili evoluzioni della nostra vita, perché scegliere la peggiore quando è più vantaggioso tifare per la migliore, in fondo fino ad ora non me la sono mica cavata male.

Quindi, riguardo l’oggi, Corrado Santiago ha 15 mesi e devo ammettere con orgoglio di non avergli ancora urlato in faccia quando faceva qualcosa di sbagliato. Gli parlo moltissimo di tante cose, alcune sono stupide e demenziali e fanno ridere solo me, altre invece riguardano le idee fondamentali sulla vita che ho appreso in questi anni ed il modo in cui credo sia giusto relazionarsi con gli altri (senza alcun accenno alle bestie che si leggono nei social e agli stronzi che odiano ed aizzano altri stronzi ad odiare). Con Giuliana abbiamo anche iniziato “la danza dei si” che consiste nel ridurre all’essenziale l’utilizzo della parola “no”. Insieme cerchiamo di rendere la vita di nostro figlio il più piacevole possibile e se prima lo facevamo impazzire tra aerei, valige e b&b, adesso riusciamo a goderci anche una settimana nello stesso posto per permettergli di odorare un luogo e goderselo senza l’ansia di dover fare i bagagli il giorno successivo.

Corrado poi mangia davvero di tutto, e questa è una delle cose più gratificanti per un genitore perché va bene se cresce nella testa, ma anche il corpo è importante.

Per papà poi è sempre super fantastico vedere il proprio figlio preferire un concerto dei Pink Floyd alle canzoncine stupide di YouTube come Veo Veo e via discorrendo, e non è un’impressione… vuole proprio quello, niente Sfera e basta o Gigi D’alessio, solo Pink Floyd.

Tutto sommato, ad eccezione di qualche incidente di percorso, essere padre fino ad ora sta funzionando, è chiaro che le mie preoccupazioni riguardino un futuro di cui non posso essere sicuro, e poi per la mia gentilezza eccessiva c’è sempre quel demonio di mia moglie che la compensa con la sua rabbia sociale.

In realtà credo di essere tormentato dai dubbi sul futuro solo perché fino a poco tempo fa ero abituato a vivere nel carpe diem ed ero persino contento e felice di questa cosa al punto da sentirmi un pelo superiore agli altri. Adesso, dover fare i conti con le infinite possibilità del futuro è un’attività completamente nuova per me, ma credo di dover essere fiducioso sul fatto che sarò in grado di forgiare nuove abilità: in fondo, quando si è trattato di fuggire dalle paure, mi sono creato strumenti fenomenali che hanno dato alla luce 6 CD di musica, migliaia di pagine di poesie, racconti ed idee ed altri contributi all’arte che sono sempre stato orgoglioso di poter dare, quindi…imparare a stare al mondo, così per com’è, non dovrebbe poi essere così difficile e naturalmente… PER LUI… esserci sempre.

A te Corrado che leggerai fra non so quanto tempo, spero d’aver fatto un buon lavoro, e se così non fosse in basso trovi la parte dedicata ai commenti :=))

Giusto per dovere di cronaca, qui sotto trovi un video che riprende tuo padre un attimo dopo aver ricevuto la notizia. Ti anticipo che non c’è granché da prendere, in realtà erano solo emozioni che fluttuavano alle quali non potevo dare alcuna forma nell’immediato e quindi mi sono ritrovato a blaterare di qualcosa riguardo un fremito nella forza, di scelte e responsabilità (di cui non avevo ancora alcuna idea), di coincidenze… e per poco non me la strafottevo a terra :) Se vuoi farti due risate guardalo, anche se mi basta che tu sappia che da allora non smetto di mettercela tutta.

Il video girato subito dopo la notizia da parte di Giuliana

Nicola Randone, alias Art, è Scrittore, musicista compositore, leader della band Randone con all'attivo 7 cd ed 1 dvd LIVE sotto edizione discografica Electromantic Music. Qui pone frammenti di vita, espressioni dell'anima, lamenti del cuore ed improbabili farneticazioni intellettuali.

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