teoria dell’infinito

22 Dicembre 2007
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5 minuti di lettura

Il problema dell’infinito ha angosciato e interessato per secoli il fior fiore dei pensatori di tutte le nazioni, la scienza ha tentato di definirlo con scarsi successi, taluni hanno addirittura affermato di poterlo immaginare. Il ragionamento che seguira’ a questa breve introduzione tendera’ a dimostrare che parlare dell’infinito o dell’eternita’ – ad esso strettamente collegata – e’ insensato giacche’ equivarrebbe a categorizzarlo entro l’essere sensibile dal quale e’ profondamente “scollegato” in quanto categoria a parte.

Un elaboratore elettronico, trovandosi a dover compiere un operazione di divisione o moltiplicazione nella quale uno dei due termini equivalga a zero, manderebbe in crash l’applicazione collegata all’operazione col messaggio DIVISION BY ZERO. Cio’ che la macchina, in tutta onesta’, si trova incapace di risolvere, l’uomo, in tutta presunzione, crede invece di comprendere. I teologi identificano l’infinito con Dio ma anche tale affermazione non puo’ essere in alcun modo posta se non accettandola come verita’ di fede e quindi senza alcuna prova.

Iniziamo la nostra digressione dalla riflessione secondo la quale ogni categoria (intendasi per categoria: modalita’, qualita’) dell’essere presente in natura ha un suo opposto: luce vs tenebre, bianco vs nero, bene vs male, egoismo vs altruismo, gioia vs dolore… e cosi’ via. Riconosciamo adesso l’esistenza della sintesi fra i due opposti: il crepuscolo o l’alba rappresenterebbero la sintesi fra luce e tenebre, il grigio la sintesi fra bianco e nero, il TAO la sintesi fra bene e male, la noia la sintesi fra gioia e dolore, e cosi’ via. Dovendo riconoscere anche il finito come una delle categorie dell’essere, giacche’ tutto cio’ che esiste ha dei limiti, bisogna necessariamente estrarne l’opposto (in virtu’ del fatto che ogni categoria dell’essere debba avere il proprio opposto) che, a norma di logica, dovrebbe essere l’infinito.

L’infinito come opposto del finito
Riconosciuto quindi l’infinito come opposto del finito bisogna adesso estrarne la sintesi che, sempre a rigor di logica, non puo’ essere altro che il finito stesso giacche’ il limite tra infinito e finito e’ pur sempre parte del finito. Lo stesso ragionamento si puo’ applicare all’eternita’ il cui opposto e’ invece un arco di tempo finito e la cui sintesi corrisponderebbe pertanto all’arco di tempo finito. Da questo ragionamento scaturisce un terribile paradosso che svela l’errore per cui l’infinito e il finito, come anche l’eternita’, possano essere attribuiti a categorie dell’essere. Bene e male sono qualita’/modi dell’essere, come luce e tenebre, egoismo e altruismo etc., “finito” invece e’ un concetto che connota in qualche modo l’essere… Arco di tempo limitato e finito sono le uniche due categorie dell’essere per le quali, individuandone gli opposti, si cade in un paradosso. Proviamo adesso a considerarle non come qualita’/categorie dell’essere ma bensi’ come sinonimi dell’essere stesso e stabiliamo le uguaglianze:

Essere=Finito
e quindi
Non-essere=Infinito

Arco di tempo limitato=Finito=Essere
e quindi
Eternita’=Infinito=Non-essere

Non-essere=Infinito=Eternita’

Dall’eternita’ al non essere
Da cio’ e’ possibile estrapolare la considerazione per cui l’infinito e l’eternita’ sono sinonimi del non essere. In forza di questo assunto dovrebbe negarsi l’esistenza dell’eternita’ e dell’infinito come si e’ sempre negata l’esistenza del non essere o “nulla” (si tiene a precisare che non essere non si identifica in alcun modo ne’ con l’antimateria, anch’essa categoria dell’essere, ne’ col vuoto, dove la materia e l’energia sono assenti ma che rappresenta in ogni caso uno spazio fisico); ma infinito ed eternita’ non sono in qualche modo delle realta’ effettive? Andando a zonzo per l’universo potrei mai sostenere di scontrarmi ad un certo punto contro una barriera che rappresenti il confine dello stesso?! Supponendo di essere eterno posso mai sostenere che d’un tratto il tempo possa cessare di trascorrere e tutto di fluire?!

Infinito ed eternita’ realta’ del non essere
A tal punto non resta altro da fare che ricorrere all’affermazione che infinito ed eternita’ sono due realta’ inconoscibili delle quali non ha senso parlare giacche’ il nostro essere finiti non ci permette di poterle capire ma semmai solo intuire e l’intuizione altro non e’ se non una funzione dell’intelletto rientrante nel campo dell’immaginazione e della fantasia. In altre parole non poter misurare qualcosa significa non poterla in alcun modo capire e il meccanismo col quale cerchiamo di cogliere l’infinito e’ lo stesso meccanismo che conduce il nostro desiderio e la nostra volonta’, una lotta che tende ad infinito e che mai perverra’ alla comprensione dell’ultimo stadio di conoscenza (sarebbe come riuscire a definire il numero piu’ alto che esista), e proprio nell’ultimo tassello sta la Verita’, la suprema realizzazione di ogni desiderio, la comprensione dell’eternita’ e del numero piu’ alto che esista, l’infinito.

Questo non poter in alcun modo comprendere ne’ capire l’infinito ma doverne accettare l’esistenza ci aiuterebbe a poter affermare anche l’esistenza del non essere ad esso strettamente connesso

Il binomio secondo il quale:

Essere e’, Non-essere non e’

si trasformerebbe in:

Essere e’, Non-essere non e’ Essere

In conclusione:
Infinito ed Eternita’ sono sinonimi di una categoria a parte, quella del Non-Essere che, in virtu’ del ragionamento sopra descritto, e’ inconoscibile.

A tal punto ci sarebbe da chiedersi per quale ragione il nostro “essere uomini” ci costringe a contemplare questi concetti che non appartengono in alcun modo alla realta’ in cui viviamo; insomma perche’ mai noi esseri finiti e “a tempo” abbiamo la capacita’ di intuire i concetti di infinito e di eternita’ pur non conoscendoli non avendo degli stessi alcuna esperienza cosciente? A questa domanda puo’ rispondere in modo parziale la religione: l’uomo e’ per meta’ essere della natura e per meta’ spirito, ed ha la sua genesi in una dimensione parallela alla nostra con la quale si ricongiungera’ non appena sara’ scaduto il suo tempo nella forma fisica. Beh, sarebbe come dire che per capriccio o per puro caso un essenza indefinibile fatta di energia e pensiero decida un giorno (?? un giorno??) di varcare la soglia fra le due dimensioni, finito e infinito, incarnandosi in un corpo soggetto a decadenza e condannato alla morte biologica, per poi tornare nella propria patria naturale. La vita sarebbe dunque una sorta di passaggio o meglio uno spezzone di eternita’ e di infinito delimitato e “a tempo”. Questa constatazione naturalmente, oltre a generare un formidabile paradosso (come definire il momento del passaggio?!), favorisce la presuntuosa affermazione religiosa che un Dio esista e che non possa intervenire nel nostro mondo, non per una gentile concessione (il libero arbitrio), ma perche’ in una dimensione a parte ove le nostre vicissitudini risultano indifferenti giacche’ inquadrate e categorizzate in qualita’ ontologiche (proprie dell’essere stesso) inconcepibili per la dimensione del non-essere. L’uomo avrebbe dunque una qualita’ invidiabile, rispetto agli esseri dell’una e dell’altra dimensione, giacche’ mentre le piante o gli animali non arrivano ad intuire concetti fuori dalla propria dimensione, cosi’ gli esseri (o non-esseri) della dimensione parallela non possono in alcun modo comprendere o intuire quei concetti di finito, bene o male, luce o tenebre etc appartenenti al nostro mondo, e quindi non intuendoli li ignorano garbatamente. In questo caso, solo un ibrido qual e’ l’uomo puo’, anche se non completamente, intuire concetti “infiniti” come anche “finiti” quali bene e male, dolore e gioia, luce e tenebra, amore e odio… categorie, queste ultime, che nella dimensione INFINITO non esistono. E del resto una dimensione caratterizzata da qualcosa di indefinito, come l’infinito appunto, non potra’ avere categorie giacche’ e’ possibile categorizzare solo cio’ che e’ definibile.

Certo anche questo ragionamento ha il suo ragionevolissimo torto nel caso in cui tale qualita’ dell’uomo venga attribuita ad un crudele scherzo della natura che, donandoci la fantasia, ci aiuta a sopportare meglio il nostro essere finiti e specialmente ci rende sicuri e fieri di fronte alla morte che, in caso contrario, si trasformerebbe in disperazione, rendendoci cosi’ capaci di continuare a fare della nostra vita qualcosa di importante, una sorta di scommessa del tipo: vediamo se ce la facciamo a vivere bene, e se va male abbiamo sempre la nostra brava dimensione di infinito che ci aspetta.

Tutte le risposte, o l’annientamento di ogni domanda, dopo la MORTE.

—————————–

Nicola Randone
con il prezioso aiuto intellettuale di Emanuela Fragala’

Nicola Randone, alias Art, è Scrittore, musicista compositore, leader della band Randone con all'attivo 7 cd ed 1 dvd LIVE sotto edizione discografica Electromantic Music. Qui pone frammenti di vita, espressioni dell'anima, lamenti del cuore ed improbabili farneticazioni intellettuali.

2 Comments

  1. la considerazione astratta dell’infinito ci appartiene come è unica la nostra esistenza.
    Dentro ogniuno di noi esiste un punto ci consapevolezza dell’esistenza dal quale possiamo imprimere la ragionevole astratta intuizione che tutto lo spazio che ci circonda si propaga all’infinito.
    Siamo inseriti in una cognizione di confronto TRIDIMENSIONALE quindi alc entro della consapevolezza convergono OTTO angoli degli OTTO cubi che ci circondano quali densità tangibili: 1) LO SPAZIO CHE CONTIENE TUTTO – 2) LA MATERIA ATOMICA 3) LA MATERIA SOLIDA – 4) LA MATERIA GASSOSA – 5) LA MATERIA LIQUIDA – 6) LA MATERIA VIVENTE – 6) LA MATERIA DELL’ANIMA – 7) L’ ANTIMATERIA 8) DIO

    L’INFINITO =
    1 ESISTENZA SINGOLA X INFINITO : OTTO

    Segue….

    • Non ci è dato sapere se le piante possegono altra forma percettiva del reale, e quindi come possano formare una categoria a priori.
      (minima riflessione)

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