Credi davvero di poter capire gli altri
per cosi’ giudicarli
ed imporgli la solita etichetta sulla fronte?
Credi davvero di aver capito te stesso
quando corri e invece faresti meglio a star fermo?
Benvenuti nella sezione Il mondo di Art.
Questo spazio vuole essere un punto di confronto col nostro senso critico. Nel mondo di oggi (ma anche dai tempi che furono) chi non riesce a giudicare obiettivamente gli eventi esterni rischia di trovarsi incapace di sviluppare una personalita’ autentica, divenendo per questo facile preda degli attacchi altrui.
Fino ad ora ho cercato di analizzare il meccanismo che guida la testa quando ci troviamo, per caso o forza maggiore, nelle condizioni di giudicare una persona o un particolare evento, se sia necessario o meno valutare la soggettivita’ dell’interpretazione…
tutti coloro cui rivolgi un candido saluto di tanto in tanto,
quelli con cui passi le tue serate anonime,
gli eletti con cui condividi il tuo tempo libero,
il tuo dolce amore…
tutti aspettano solo di giudicarti,
di dirti cio’ che sei e quello che vuoi.
Cio’ che potrebbe apparire come una paranoia da complessato, e’ a mio parere un automatismo che spesso scatta nella testa di chi entra a contatto con la nostra individualita’. Ognuno di noi ha bisogno di giudicare il prossimo perche’ in tal modo si rapporta e si confronta. L’errore che spesso si fa nel giudicare e’ quello di valutare l’altro secondo schemi di giudizio soggettivi, metodo valido quando si tratta di rapportarsi a semplici eventi, assolutamente pericoloso quando l’oggetto del nostro giudizio e’ una persona dotata di diverse esperienze, di diversi punti di vista e soprattutto di diverso cervello. Consentitemi un esempio: il credente giudica il non credente secondo una prospettiva falsata dall’idea che la fede sia una conquista, un dono che l’altro non ha ancora raggiunto; paradossalmente il non credente utilizza lo stesso metodo giudicando pero’ la fede un’illusione ed elaborando il giudizio che il credente sia un ingenuo. Nei casi estremi questa errata metodologia scatena tra i due un tale distacco da poter trasformare una semplice divergenza d’opionioni in odio puro (basti pensare all’intollerenza religiosa).
Dalla religione a qualsivoglia valore, operare fruendo del giudizio oggettivo e’ decisamente auspicabile dacche’, in tal modo, e’ possibile mettere da parte le proprie convinzioni e giudicare la persona per cio’ che e’ al di la’ di quello in cui crede e dal modo in cui si comporta, addivenendo ad una valutazione non inficiata da queste variabili. Forse questa modalita’ di giudizio potrebbe risultare una scelta vigliacca, un modo per “non avere problemi con nessuno”, e’ tuttavia evidente che un giudizio tollerante metta al riparo dal torto maggiore che possiamo fare al prossimo e cioe’ non avere rispetto della sua individualita’. In questo atteggiamento si riconosce colui che nei giudizi assume come regola l’inflazionato motto: vivi e lascia vivere; non sara’ certo vigliacco chi fugge il confronto con ideali talmente discordi per cui non e’ possibile raggiungere un compromesso: ditemi chi tra voi riuscirebbe a convincere un fascista ad abbracciare ideali comunisti, un credente a negare l’esistenza di dio, un musulmano estremista a considerare il terrorismo un’inutile barbarie.
Corri coniglio, corri verso la liberta’…
non guardarti alle spalle,
sii te stesso e BASTA!
E’ cosa facile, per chi ha gia’ omologato il suo SE’ sulla traccia dei PIU’, dichiarare apertamente la propria personalita’, l’uomo e’ un animale sociale ed e’ piuttosto comune lasciarsi trascinare dall’ideale di massa o, nel caso opposto, dall’ideale di una minoranza organizzata.
Questo a voler dire che alla soluzione del giudizio obiettivo bisogna pur opporre, in casi particolari, l’oggettiva considerazione che spesso il vero se’ di una persona non e’ cio’ che con fatica la persona stessa ha maturato in seguito alle sue esperienze od alla sua personale profondita’ ma una sorta di proiezione fasulla di se’ omologata al ben pensare (o mal comportarsi) comune, o ad un condizionamento ambientale (genitori, educatori, amici). A sostegno di questa contraddizione e’ utile che vi porti un altro esempio: un individuo cresciuto in un “regime” familiare di tipo patriarcale, incapace per propri limiti di elaborare una personalita’ autentica, potrebbe ignorare (nel senso che non ha mai contemplato alternative) quei valori per i quali puo ritenersi utile un giudizio soggettivo. A dirla breve: un fascista potrebbe essere tale solo perche’ cresciuto condizionato da fascisti, un credente perche’ cresciuto condizionato da credenti, un musulmano estremista perche’ cresciuto condizionato da musulmani estremisti. A tal punto, quanto detto precedentemente, entrerebbe in forte contraddizione con quanto da ultimo esposto giacche’ ci metterebbe nella condizione di dover a priori giudicare se la personalita’ del nostro interlocutore sia autentica o meno.
Come capire qual’e’ il Vero SE’ di ognuno?
A mio parere il Vero SE’ di ognuno rappresenterebbe una sorta di coscienza oggettiva della persona: immaginiamo di essere spettatori della nostra vita senza falsi ideologismi trasmessi dall’esterno (es. un padre che ti impone la sua dottrina). A tal punto possiamo cogliere le nostre sofferenze, i nostri problemi, le nostre conquiste, la nostra gioia, con uno spirito distaccato, con una lucidita’ razionale che ci consente di analizzare meglio il flusso delle nostre emozioni senza che esso ci soggioghi. Definiamo allora il nostro vero SE’ in questo modo: contemplazione oggettiva di cio’ che siamo in assenza di condizionamenti ambientali falsati!
In questa pagina Art non e’ una persona in particolare, piuttosto si tratta di un modello dotato di un pensiero fortemente equilibrato e nonostante questo in continua contraddizione cui alcuni possono avvicinarsi… Art rappresenta l’individuo che non solo ha raggiunto la consapevolezza del proprio VERO SE’, ma ha saputo modellarlo ad un punto tale da riuscire ad essere in perfetta sintonia col mondo e con la gente che ne fa parte. Per spiegare in che modo puo’ essere modellato il proprio spirito per un tale scopo facciamo ricorso ai ragionamenti precedenti trattati sapientemente con una buona dose di sentimento. Ogni uomo, per sua propria natura, e’ dotato di una percentuale piu’ o meno significativa di emotivita’… l’emotivita’ e’ in netta contrapposizione con la razionalita’ pertanto, ogni qualvolta viene interrogato il proprio senso critico, ognuno si trova a dover stabilire un compromesso fra ragione, ovvero comprensione oggettiva, e sentimento, ovvero comprensione soggettiva. Come gia’ detto non bisogna lasciare che il giudizio venga condizionato dalla nostra parte emotiva che, per qualunque caso, puo’ generare esclusivamente interpretazioni soggettive. Il primo passo e’ quindi sicuramente la capacita’ di giudicare oggettivamente (con le dovute eccezioni di cui poc’anzi abbiamo parlato).
Come riconoscere i SE’ autentici dai SE’ fasulli?
Secondo la mia personale esperienza non c’e’ modo; seppure nelle piccole cose sia relativamente semplice riconoscere SE’ fasulli (l’adolescente che nel voler andare controcorrente si dedica al culto di Satana, quello che per integrarsi col gruppo rinuncia alle proprie “eccezionali” qualita’ per assecondare i gusti comuni, il ragazzo che assume ideali politici in linea con quelli delle persone che ritiene “modello”, la donna o l’uomo che adottano principi di buona convivenza fingendo interessi e gusti comuni alla maggioranza, o minoranza se anticonformisti), puo’ di contro rivelarsi presuntuoso un qualsiasi tentativo di riconoscere autentiche o fasulle persone che hanno seriamente approfondito i propri ideali o valori e forti di questi sono in grado di reggere confronti intelligenti, cadendo pertanto nell’errore del giudizio soggettivo. L’unica soluzione che mi passa per la mente e’ quella di ricorrere alle riflessioni di S. Agostino che a questo proposito riteneva che il presupposto della conoscenza nelle relazioni interpersonali si sostanziasse nella necessita’ di porsi in un atteggiamento di necessaria fiducia nei confronti del proprio interlocutore per evitare di incorrere nell’errore di sostituire la propria falsa interpretazione alla potenziale falsita’ (intenzionale o inconsapevole) delle asserzioni di quest’ultimo.
Cosa si intende per Art?!
Passiamo adesso a definire la parola Art.
La genesi di questa sigla (perche’ si tratta di un acronimo di cui i piu’ volenterosi, girando per le pagine di questo sito, riusciranno a trovare il significato) ha poco a che fare con quello che sto per dire. L’Art, che in questo mondo telematico vuole rappresentare un individuo in continua contraddizione con se’ stesso, una rappresentazione di me stesso esasperata ed emotivamente instabile alla ricerca di un compromesso tra le azioni del cuore e quelle della ragione, e’ diverso dalla figura che passiamo ora al vaglio.
Def Power e Diogene
Come gia’ detto Art rappresenta un pensiero fortemente equilibrato e contemporaneamente in continua contraddizione, questo perche’ la necessita’ di rispettare l’individualita’ altrui lo costringe giocoforza a giudicare e giudicarsi continuamente, ad essere pronto ad impugnare la propria idea come a devastarla per fare posto ad un’interpretazione piu’ aderente alla realta’.
Per semplificare il processo di riconoscimento dell’altrui individualita’, sara’ necessario effettuare un “etichettatura” delle diverse specie (e perdonate questo termine che puo’ suscitare facili fraintendimenti, leggendo capirete meglio di cosa parlo).
Basandoci sugli atteggiamenti e sui valori della maggioranza sociale possiamo, forse in modo troppo ardito, dividere la razza umana in tre grandi famiglie: Def, Power e Diogene. Il mondo spirituale di tali individui reagisce agli stimoli esterni secondo le leggi della bidimensionalita’: spiritualmente osservano e giudicano guardando dietro di loro o avanti a loro (a seconda che debbano impugnare un valore passato o ricostruirlo secondo le esigenze presenti). Cultori del pensiero condizionato, scudieri del dogma, seguaci delle grandi certezze, queste tre classi di individui popolano la maggior parte del nostro pianeta.
Idealmente piu’ in alto dimorano gli Art, essi vivono all’interno di un mondo spirituale denominato UA in cui gli stimoli esterni seguono la legge della poliedricita’ dei giudizi (giudizio soggettivo). Sacerdoti del dubbio, persecutori del dogma, cultori del pensiero libero, tale classe di individui e’ spesso destinata ad essere perseguitata e moralmente lapidata dalla maggioranza nel caso in cui dovessero decidere di venire allo scoperto per cio’ che realmente sono. Esseri unici (ogni Art differisce profondamente dall’altro),
“nell’instaurare un rapporto con la societa’ che li circonda finiscono per sentirsi dei commedianti giacche’ qui, per essere compresi, debbono sempre fingere una superficie”.
Andiamo adesso all’analisi delle prime tre classi in maniera molto spicciola:
Power: uomo della massa, individuo che vive in funzione della gente che lo circonda, sempre aggiornato in fatto di mode. Tale essere annovera fra i suoi credo soldi, donne, motori, beni materiali in genere e carriera. Il power frequenta i luoghi appannaggio della massa. Il power rappresenta idealmente il concetto di conformismo di pensiero, costume e comportamento.
Def: per definizione antipower, uomo della antimassa. Tali individui hanno la necessita’ fisica di esternare il proprio disprezzo per la massa attraverso una negazione degli stereotipi che da questa promanano. La maggioranza di loro appare nel confronto superba ed altezzosa, i loro argomenti e gusti tendono spesso ad inquadrarsi in tendenze sinistroidi, tali individui vorrebbero convincere o convincersi di essere anticonformisti frequentando luoghi diversi da quelli meta della massa, prediligendo gusti ed esternando comportamenti in netta divergenza con quelli dei piu’. Come gia’ detto, seguaci di una rivolta al conformismo, non fanno altro che coniare un nuovo tipo di conformizzazione generata dalla standardizzazione dei loro pensieri e delle loro azioni.
Diogene: Non tutti riescono ad integrarsi o iniziarsi con le due classi sopracitate. Power e Def falliti e’ forse un termine migliore di quello da me scelto che non ha nessun riferimento col grande filosofo greco se non comparandolo alle modalita’ di comportamento di questi smidollati alla continua ricerca d’identita’.
A tali tristi figuri basterebbe volgere lo sguardo verso l’alto per cosi’ compiere il primo passo all’integrazione nell’UA, l’universo regolato dalla legge poliedrica. Condizioni fondamentali per l’avvento di Art sono il dolore attraverso il quale lasciare insinuare in ogni fibra del proprio corpo il sacro dubbio che prepari il terreno alla recettivita’ ed alla conoscenza. A questo segue la volonta’ di potenza, gia’ abbondantemente esplicata da Nietzsche, intesa come creazione di qualcosa al di sopra di se’ ed in grado di rimpiazzare le vecchie certezze perdute. La legge prospettica non concede naturalmente carattere di universalita’ neppure alle proprie creazioni e volonta’ di potenza si trasforma cosi’ in una costante strettamente legata alla verita’ del relativismo. L’Art dunque fallisce spesso, ma mai demorde. L’Art concepisce i sentimenti nel loro massimo superamento superamando ed esultando, soffrendo e traendo materia prima dalla stessa sofferenza per le sue infinite creazioni. L’Art rappresenta lo spirito libero in continuo conflitto con le due parti intrinseche alla propria natura: emozione e ragione.
Come riconoscersi Art?!
Molti possono credere di riconoscersi nei profili sopraindicati ma anche questa potrebbe essere un’interpretazione falsata da condizionamenti fasulli, dai quali certamente nella nostra soggettivita’ non possiamo ritenerci immuni. Per questa ragione, oltre alla suddetta consapevolezza di se’, necessita un passaggio ulteriore sostanziantesi nella legittimazione determinata dal riconoscimento altrui, per tale non intendendosi certamente quello derivante da un giudizio globale di natura sociale, bensi’ quello scaturente dalla capacita’ che ognuno di questi individui possiede di legittimare ed esaltare nell’altro le precipue qualita’ dell’Art. L’Art riconosce l’Art formulando un giudizio di identita’ che si basa sul riconoscimento e l’accettazione del diverso. Solo questo permette, infatti, di formulare giudizi di valore non presuntivamente assoluti in quanto non soggettivamente condizionati. Per spiegare questo in parole povere proviamo ad immaginare un grande scrittore incapace di far musica ma in grado di riconoscere le qualita’ artistiche in un musicista e viceversa, oppure un fascista che pur contrastando le ideologie politiche di un comunista sia in grado di riconoscere le qualita’ intellettive o l’abilita’ politica di quest’ultimo e viceversa, o ancora il credente che, pur non condividendo le argomentazioni dell’ateo, riesca a rispettarne motivazioni o scelte di vita. “Ti valuto in quanto persona e non sulla base dell’etichetta che ti sei dato o che io ti ho attaccato addosso”. Def Power e Diogene potrebbero pertanto attraversare lo spazio di confine tra il mondo a 2 dimensioni e quello dell’UA solo assumendo l’atteggiamento pocanzi esplicato. L’anticonformista che non faccia di questo assunto uno stile necessitato di vita fuoriuscendo dagli schemi concettuali che si e’ precostituito potra’ quindi non qualificarsi piu’ come Def assurgendo in tal modo alla superiore categoria degli Art.
Attendo impazientemente di potermi qualificare quale Art, in virtu’ di una qualche legittimazione.
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Nicola Randone
con il prezioso aiuto intellettuale di Emanuela Fragala’