Caro Blog,
oggi torno a riflettere sulle strane giornate che stanno avvicendandosi impietose una dopo l’altra; non comprendo ancora bene la portata di alcune mie scelte anche se di una cosa sono certo: a prescindere da qualsiasi decisione razionale siamo noi che permettiamo alla vita di bastonarci, così come poniamo in essere tutte le condizioni necessarie a che possa invece donarci quella serenità cui tanto agogniamo.
Troppo spesso mi capita di pensare al trascorrere del tempo, questi trascina seco ogni ricordo con la forza di un vulcano che così come distrugge, allo stesso modo costruisce, ed io le vedo queste nuove cattedrali nel deserto, sento i mutamenti interiori e ripeto a me stesso che sono e saranno fonte di rinascita, ma al contempo mi è difficile accettare il disfacimento delle dolci tenerezze che gli occhi di Veronica mi regalavano ogni giorno e, nonostante la dura realtà degli eventi, una parte del mio cervello sta lì a ricordarmi che non voglio dimenticare, ed è per questo che certe notti sogno di trascinarla con me in un mondo parallelo, un pianeta popolato da creature intelligenti ma dall’aspetto esteriore talmente diverso che nessuno potrà mai portarmela via.
Ah che ombra d’uomo, troppe volte mi sono interrogato sulle ragioni di certi miei limiti: un’infanzia serena, una famiglia che ancor’oggi non mi fa mancare nulla, amici, eppure continuo a mettere continuamente alla prova le persone che amo, fino a provare un senso di sadica soddisfazione davanti all’inevitabile abbandono, quasi a cercare continuamente una conferma che dell’amore non ci si può fidare, che come ripete sempre la mia più cara amica è un sentimento incostante realizzabile nella realtà solo tra due persone profondamente equilibrate, due grandi ed immobili pietre che la corrente impetuosa di un fiume non riesce a trascinare via.
Ed eccomi qui… io sarei la persona equilibrata, lei no, per questo è finita, per questo me la faccio scivolare addosso. La prossima andrà meglio.
Ma è davvero questo il problema? Dov’è il dolore delle altre volte? Dove sono le canzoni, le lettere, i folli tentativi di recuperare? Nel mio decalogo ho da sempre sostenuto che una delusione va affrontata razionalmente, tuttavia occorre del tempo per accettare il fatto d’essere stati lasciati. Nel frattempo si soffre, si fanno le cazzate, si lotta coi mulini a vento e solo alla fine ci si rassegna, e questo perchè dopo un periodo di tempo ragionevole si deve andare avanti e basta. Forte dell’esperienza di ciò che ero continuo a chiedermi dove possa essere il mio dolore o meglio il motivo per cui sopraggiunga in maniera così incostante, giusto il tempo di concedermi un’appassionata poesia. E’ davvero una questione di equilibrio? Che dire di questi due anni in cui non sono riuscito a scrivere neanche una canzone? E come giustificare l’incapacità d’emozionarmi? Troppe volte ho costretto Veronica a sorbirsi le mie arroganti considerazioni su di un modo più adulto di vivere l’amore: non è più tempo mia cara di lasciarsi scuotere da un sentimento incostante e mutevole buono solo per adolescenti sbandati dagli ormoni.
Saggezza? Equilibrio? Che dire allora della tenerezza e del sentimento che provavo nei suoi confronti, dell’amore che non riuscivo a dimostrare perché invisibile alla mente… che dire del cuore… oh beh, lì non riuscivo proprio ad arrivare. Che bella scusa l’età, invece di preoccuparmi ripetevo a me stesso che ero solo diventato più saggio, che i sentimenti bisognava viverli senza eccessi: dovrei domandare seriamente scusa a qualcuno per avergli riempito la testa di queste cazzate.
Leggo Stefano nella chat accanto:
ad un certo punto ci accorgiamo di essere docili, malleabili…
tutto ci scorre addosso
ci sembra di aver acquisito una qualche forma di grande saggezza…
guarda gli altri, ci diciamo
guarda quale convulsione, quale pazzia ancora li invade!
noi no, noi siamo impassibili…
ogni delusione, disillusione, fallimento…
tutto ci scivola addosso…
siamo sani?
siamo saggi?
o siamo più simili ai morti?!
… ed io che ho dato il merito della mia morte alla saggezza portata dall’età:
errore… apparentemente “tranquilli”
ma felici?
appagati?
gioiosi?
godiamo di un’alba?
del sapore di un boccone di pane?
siamo pieni di frizzante gioiosità nel contatto con un altro essere umano?
le nostre passioni?
le nostre tranquille passioni?
la tua musica?
il piacere di creare?
Andato… saranno due anni ormai:
indipendentemente da ciò che ne conseguirà?
la pura gioia dell’atto creativo in sé?
nicola!
la vita è questo sentirsi bene!
altrimenti cosa è vivere?
Amico, hai colpito davvero duro, le tue parole arrivano come folgore, qualcosa si agita nell’io più profondo… o forse l’io non c’entra proprio nulla. Comprendo solo ora d’aver rinchiuso il mio cuore in una gabbia scura ed afona, e ho trascinato in questo anche la persona che più amavo accusandola di avermi reso così, lamentandomi con lei di non essermi stata da sostegno, di non aver capito.
Stefano continua riferendomi di quel senso di sottile insoddisfazione esistenziale, di inappagamento, di ansia a volte, torpore o irritazione in altre, che ora semplicemente sullo sfondo, ora in maniera eclatante e prorompente, colora tutte le nostre esistenze, finchè non comprendiamo il modo, la tecnica di liberarcene. Così mi chiedo, non è forse il “torpore” il sintomo primo di questa mia insoddisfazione: una forma di annichilimento malcelata come equilibrio? Sono certo che uno psicologo saprebbe darmi una diagnosi scientifica soddisfacente: figliolo la tua è semplice depressione. Ma non ho voglia di riconoscermi in una condizione patologica se dentro di me avverto la profonda consapevolezza di ciò che mi ha portato dove sono.
Provo ad evocare con la memoria le vicende che mi hanno portato a questa infelice metamorfosi: qualche tempo fa, al ritorno dal mio Cammino, ho compreso che ogni cosa nella realtà era rimasta esattamente dov’era: le preghiere per le persone che amavo, urlate a gran voce dalla cima di una montagna silenziosa, trascinate dal vento, disperse chissà dove nello spazio infinito… eppure ho davvero creduto di poter cambiare la realtà, ho creduto che bastasse fare 900km in bicicletta e portare la mia voce su qualche luogo sacro per cambiare la vita di altri ed è stato l’istante esatto in cui ho realizzato il mio fallimento che ho sperimentato una delusione così grande da non percepirne la portata. Ed è stata la delusione che lentamente mi erodeva da dentro, unendosi a tante piccole infauste considerazioni sull’esiguo spazio che il mondo dedica ad ogni individuo, sulla crisi dell’arte e della discografia, sulle regole sociali che condizionano ogni uomo a vivere la propria vita come fosse in una scatola… insomma, mi sono sentito impotente innanzi ai movimenti del mondo, improvvisamente piccolo e debole, con una consapevolezza intermittente del mio stato che da sola non mi ha permesso di capire che stavo inconsapevolmente blindando il cuore in modo da non sentirlo più, e così che Egli fosse a sua volta sordo agli attacchi che subivo dall’esterno… ecco il motivo per cui lasciavo che ogni cosa mi scivolasse addosso, ecco perchè sono stato così a lungo incapace di emozionarmi. Mali universali, esperienze comuni ad ogni individuo, mura che costruiamo intorno a noi senza renderci conto che il vero male ce lo stiamo facendo da soli.
Psicologo: Hai fatto un gran lavoro figliolo, hai capito l’origine dei tuoi guai, adesso ti do due Xanax e qualche pillola di litio e torni come nuovo. Ma come guarire un trauma con delle pillole se questi, oltre ad essere impresso nella memoria, è marcato a fuoco anche nel cuore. Mi tornano alla mente le parole di Tiziano Terzani: non è la cura, è la guarigione che cerco.
amico mio…
noi non possiamo cambiare la realtà…
possiamo adoperarci per veicolarla in una direzione, e questo è giusto…
ma non ci è dato il potere di renderla confacente alle nostre aspettative
possiamo invece accettarla, dolcemente, teneramente, proprio così come è…
Questa è vera saggezza… altrochè il torpore che si spaccia come tale.
ed allora ci accorgiamo che è esattamente adeguata, completa, soddisfacente…
vivere è un’arte, amico mio
l’arte di vivere
e tu, di arte ne sai…
ingegno, intuizione, destrezza, creatività
tutto quello che è in uno spirito brillante
la vita si dipinge, si musica, si scrive, si canta e si balla…
la vita è la materia con cui gli uomini si dilettano nel loro viaggio terreno
e ciò, se lo comprendi, reca immmensa gioia!
Grazie amico di tutto questo, adesso devo solo trovare le parole giuste per scusarmi con una persona. Da qui si ricomincia: altrochè saggio… equilibrato un paio di *****, da due anni a questa parte sono caduto nella trappola del torpore, meriterei di andare ancora più a fondo per la vita che mi sono perso, ma ciò che voglio davvero è stare bene, essere in pace, vivere felice e non girare per il mondo come uno zombie convinto di essere ancora vivo.
Così chiudo le mie confessioni, con una strana emozione che non sentivo da tempo. Mi lascio alle spalle l’arroganza di questi due anni con una sana ed autentica euforia che mi renderà capace di percorrere la strada verso la guarigione. “Perduto” è tornato nel perpetuo camminare, Nisse lo saluta porgendogli un piatto di porridge, Grethe lo accoglie con lacrime di gioia per poi girarsi verso la Volva, Hilde e Varg e dirgli: Ve l’avevo detto.
Grazie a tutti voi per essere arrivati fin qui. Che possiate stare bene, essere in pace e vivere felici.
Art, prima o poi riusciro a scriverti qualcosa che possa anche solo sfiorare le le vette delle tue riflessioni, suscitare emozioni in altre persone con i racconti del proprio vissito e
che belle parole radioactive toy, ti ringrazio molto per la stima e l’affetto… sai, avrei voluto che questo scritto fosse servito nello specifico ad una causa ben precisa, ma il fatto che possa emozionare altri e quindi che abbia una sua vita propria, mi fa vivere con più serenità il triste epilogo che quella specifica esperienza ha avuto… ma in fondo forse è proprio questo il motivo per cui scriviamo, suoniamo, scolpiamo, dipingiamo… per far si che ciò che abbiamo amato, non muoia mai. Un abbraccio e in gamba
Grazie a te Art, mi ha fatto qualche casino il cell e ho postato uno commento monco… In ogni caso una parte di quello che hai scritto mi ha toccato profondamente…sono un disegnatore di fumetti, per varie ragioni non sono riuscito a farne una professione vera e propria e con il tempo si e trasformata in una passione a volte retribuita, campo con un lavoro meno artistico da tempo..ma suono il basso, e con la band va bene ma suonare con altre persone ti mette nella condizione di condividere e crescere e lo stimolo e costante, disegnare per me stesso ora non mi coinvolge piu, e mi spiace non riuscire a trovare stimoli verso una cosa cosa che in passato mi ha salvato estraniandomi dalle delusioni provate..capisco bene quella sensazione di vuoto che non riesci a colmare nemmeno con le passioni che da sempre sono parte di te..insomma una “confessione” che sebbene scritta con intenti diversi e finalita diverse, mi ha trasmesso emozioni assolutamente condivisibili e che in parte comprendo..un abbraccio stretto
Hai un modo vivido di esprimere le sensazioni che mi affascina e conquista.. certo l’argomento in sè genera facili proseliti.. ma ‘il tocco’, quello, è speciale.. mi ci ritrovo.
Sono stata ‘viva’ per un po’, per contrasto ai troppi anni in cui mi ero annullata.. e volando troppo vicina al sole, abbagliata da chimere, come da copione, mi sono bruciata.. ma qualcosa è rimasto, una parte di me nuova e sconosciuta e inquietante e maestosa, che ormai è parte di me..
Concordo: viva la vita e abbasso il torpore. Non so se esista la pura felicità, ma è giusto continuare a cercarla e, in ogni caso, meglio vivi feriti che zombie inconsapevoli (lo zombie consapevole in fondo ha il suo perchè, come tutto ciò che è ‘scelta’ e non ‘condizione’)
Complimenti per i blog. Tornerò.
ciao “anonymous”, grazie per le tue parole: e già, meglio vivi feriti che zombie inconsapevoli :) Un abbraccio