– Respira, cosa vedi?
Una donna.
– Cosa sta facendo?
Ha una mano sul mio petto.
– Come ti fa sentire?
Voglio andare via.
– Ecco, adesso tocco la tua fronte et voilà, lei è sparita… cosa vedi?
La mano.
– A chi appartiene?
A nessuno, è una mano mozzata.
– Com’è fatta?
E’ tagliata poco più su del polso. Non ci sono peli, la pelle è bianca.
– Continua a premerti sul petto?
Si, come faccio a farla sparire?
– Ecco, adesso tocco la tua fronte et voilà, sei davanti ad una piramide. C’è un’apertura in alto, prova ad entrarci dentro.
Ci sono, sto entrando, è buio, non posso proseguire.
– Si che puoi, non vedi le scale?
Si, eccole, gli occhi stanno abituandosi. Ma sono strette e ripide, devo scendere sui talloni.
– Prosegui, non aver timore… ma fa attenzione… dimmi quando arrivi…
Ci sono, c’è una stanza, anche questa è buia.
– Guarda a destra, c’è un corridoio… lo vedi?
Si, si… c’è della luce in fondo, forse una torcia.
– Prosegui… su entrambi i lati del corridoio ci sono delle celle. Le vedi?
Si.
– Fermati davanti alla prima. C’è qualcuno dentro?
C’è un vecchio che mi guarda con occhi folli. Ha il viso scavato, gli zigomi sporgenti.
– Lo conosci?
No, è una persona che non ho mai visto
– Prova ad entrare… apri la porta.
Ci sono. Ecco… il vecchio sta indietreggiando. Ha paura di me.
– Guardati intorno, cosa vedi?
C’è una panca in pietra sulla destra ed un catino pieno di urina. C’è puzza e quel vecchio sta lì, di lato, a fissarmi con un sorriso compiaciuto.
– Guardalo bene, dimmi di chi si tratta.
Non lo conosco, non riconosco più neanche me stesso.
– Sei diventato qualcun altro?
Forse qualcos’altro. Sono un minotauro ed ho un bastone chiodato fra le mani.
– E dimmi… cosa vuoi fare con quel bastone.
Sto colpendo il vecchio. Lo colpisco ancora… lo merita, non è una brava persona.
– Lo vuoi uccidere?
L’ho già fatto.
– Adesso lo riconosci?… è una figura familiare?
No, ha il cranio completamente spaccato… è andato.
– E dimmi… come ti senti dopo aver fatto una cosa del genere?
Mi sento bene. Lo meritava, era una persona malvagia.
– Va bene, esci dalla cella e vedi chi c’è in quella accanto.
Una vecchia, anche lei mi guarda fra le sbarre. Sto aprendo la porta. Sono dentro…
– La riconosci?
No… è una persona che non ho mai visto prima. Anche lei è malvagia, ha gli occhi da strega e delle pustole violacee in viso.
– Come ti senti? Hai qualche fastidio.
No. Sto bene, devo solo usare il mio bastone come ho fatto prima. Ecco, anche lei sta per fare la fine del vecchio… la colpisco… ancora… e ancora.
– Hai ucciso anche lei?
Si… lo meritava.
– E dimmi… come ti senti.
Bene, era qualcosa che andava fatto, sono fiero di me stesso.
– E adesso dimmi… chi c’è nell’altra cella.
Aspetta… ci sono. E’ una figura piccola, è buio… no aspetta, sta venendo verso la luce. E’ un bambino con un maglioncino verde. Ha i capelli neri e gli occhi grandi. Sono tristi… mi sta guardando.
– Lo riconosci?
No.
– Vuoi uccidere anche lui?
No…. lui non è malvagio come gli altri due.
– E dimmi… tu sei ancora il minotauro?
Si.
– Vai via da lì.
Il bambino viene con me, non posso lasciarlo là sotto.
– Si… portalo pure.
Lo tengo per mano… è una sensazione così familiare.
– Ti senti in pace?
Si… lo sto portando via da questo brutto posto che puzza di urina.
– Prova a raggiungere la stanza iniziale.
Ci sono… adesso è tutta illuminata. Ci sono delle torce accese lungo le pareti.
– E dimmi… vedi qualcosa adesso che c’è la luce?
Si… ci sono dei quadri. Devono essere dei grandi condottieri. Sono uomini fieri. Ah… in quell’angolo c’è un tesoro.
– Che tipo di tesoro?
Ci sono delle monete, e poi rubini e zaffiri… c’è anche una cassa… la apro… ecco, altre monete d’oro. Ma… aspetta, c’è una pergamena, qui, in mezzo alle monete.
– C’è scritto qualcosa?
Si… c’è scritto: Ti voglio bene, Mamma. Mamma mi ha lasciato il tesoro (rido). C’è anche un’armatura d’oro. E’ perfetta… è quello di cui ho bisogno.
– La vuoi portare con te?
L’ho già indosso. Adesso mi sento davvero invincibile.
– Credi che ti serva davvero? Voglio dire, non t’ingombra nei movimenti.
Beh… forse un pò. Ma che importa, mi fa stare davvero bene. Adesso ho bisogno di andare via.
– Non credi che togliendoti l’armatura puoi uscire più comodamente. Le scale sono ripide.
No ce la faccio, e poi te l’ho detto. Così mi sento davvero invincibile.
– Il bambino è ancora con te?
Certo, lo tengo per mano. Ma non parla, e guarda fisso verso una direzione.
– Ecco, adesso tocco la tua fronte et voilà, sei quel bambino.
Si, adesso tutto mi sembra più grande.
– Ti trovi sempre nella piramide?
No, c’è un uomo accanto a me che mi tiene la mano.
– E’ il minotauro?
No… è… è mio padre. Siamo davanti a quella giostra con gli aeroplani. Mi piaceva andarci da bambino.
– E dimmi, cosa provi?
Niente… sono qui con mio padre. Lo sto guardando e lui guarda me. Mi sorride.
– Non vuoi salire sulla giostra?
No… mi basta stare così. Non voglio niente. Aspetta, sta succedendo qualcosa… ecco, mi prenderai per pazzo ma sto crescendo.
– Ah si… e dimmi? Adesso sei adulto?
No… sono una qualche forma di vita vegetale che si avviluppa su se stessa… salgo in alto, ancora, ancora…
– Fai bene attenzione, poco più in alto c’è uno specchio sospeso nel cielo. Quando ci arrivi specchiati e dimmi cosa vedi.
Aspetta… ci sono quasi… si, eccomi. Dio Santo, sono un fagiolo con la bocca. Che senso ha? Ah… forse devo raggiungere il castello del gigante.
– Guardati intorno. C’è qualcun altro vicino a te.
Si… c’è un uomo… ma… sono io quell’uomo… ho ancora quell’armatura.
– Non sei più la pianta?
No no… mi sto facendo portare su. Ecco… sto salendo sulle foglie.
– E’ faticoso con quell’armatura non è vero?
Un pò si ma va bene. Ecco… vedo qualcosa. Sopra le nuvole, c’è quel castello… si quello di cui ti parlavo.
– Bene, proviamo ad entrarci.
Ci sono… ecco… è tutto grigio, dentro c’è un’architettura impossibile. Scale al contrario, pavimenti inclinati. Sono confuso. Ho male allo stomaco.
– E dimmi… c’è qualcuno lì con te.
Ci sono delle… facce… facce di uomini. Me le vedo passare accanto, a lato, ma anche di fronte. Sono chiarissime… sono uomini anziani con la barba.
– Riconosci qualcuno.
No… sono tutte facce sconosciute. Chi sono? Non sto bene qui… mi gira la testa, ho male allo stomaco.
– Ecco, adesso tocco la tua fronte et voilà, sei di nuovo bambino.
Si… ci sono.
– Dove ti trovi?
C’è un prato, davanti ci sono delle altalene e altri bambini che giocano.
– Come ti senti?
Bene… sono in pace. C’è quel gioco lì della leva dove si fa su e giù. Aspetta… si… lo riconosco… è il giardino della Sacra Famiglia, quello dove andavo a giocare da bambino (rido). C’è un altro bambino davanti a me, sto giocando con lui. Sono felice di trovarmi qui.
– Va bene. Resta ancora un pò a giocare e quando ti sei stancato, apri pure gli occhi.
Si (Rido)
Anatheóresis parte 1: l’armatura.
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