Non posso dimenticare il giorno in cui vidi Pyramid sugli scaffali del mio negozio di dischi preferito; il progetto di Alan Parson… cosa mi ricordava questo nome?! E subito tornai con la testa ad Atom Heart Mother, prima ad Alan Psychedelic Breakfast e poi al booklet dove stava scritto: Sound Engineer Alan Parson. Lo devo comprare, pensai, e da lì a poco fui a casa seduto sul mio letto con le trombe di eustachio innestate nel woofer dei miei scadentissimi diffusori… da quel momento amai gli Alan Parson alla stregua dei Pink Floyd, dei Marillion e dei Genesis che avevo già innalzato nell’olimpo dei miei gruppi preferiti. In breve riuscii, dopo sacrifici monetari incommensurabili per un ragazzino di 15 anni, a farmi tutta la discografia degli Alan, ricordo che il 2° album che comprai fu Tales of Mystery and Imagination che associai ben presto alla bibliografia di Poe che proprio gli Alan mi fecero conoscere. La cosa che mi sconcertò più di tutte era la grandiosità della struttura melodica di ogni album; l’orchestra, egregiamente condotta da Adrew Powell, apriva le porte di una dimensione musicale sconfinata in cui ogni sentimento acquistava una potenza e una maestosità eccezionali, al tempo abbandonai persino i Led Zeppelin e i Deep Purple che mi parevano troppo scarni al confronto, cominciai ad ascoltare musica classica e conobbi uno degli artisti che tuttora considero tra i miei preferiti Mike Oldfield. The fall of the house of Uscher con i suoi 15 minuti divenne uno dei pezzi che amavo ascoltare più frequentemente, magari con l’omonima opera di Poe fra le mani che si accordava maginificamente con la musica. Nelle cassette che facevo agli amici The cask of Amontillado appariva tre o quattro volte (All that we see or seem, is but a dream within a dream). Certo, come i Pink Floyd anche gli Alan Parson hanno avuto il loro album migliore, il primo appunto che, udite udite, ho ancora in LP nella prima versione. Degli altri ricordo con piacere e malinconia Vulture Culture, Eye in the sky, Ammonia Avenue, Eve, Stereotomy, I robot (che mi fece conoscere Asimov), Turn of a friendly card (che mi tenne sempre lontano dal vizio del gioco) e soprattutto il bellissimo Freudiana che coincideva fra l’altro con la separazione fra Parson e il socio Woolfson (la vera mente creativa del progetto); come dire, Parson era sempre il braccio e senza la mente di Wolfson ha prodotto album belli ma sicuramente diversi dai precedenti. Try anything once e On air sono album di pop gradevole, con la solita orchestra di Andrew Powell, ma il vero progressive sta dentro il cuore e non solo nelle braccia, in caso contrario diventa virtuosismo e basta. Stimo comunque Alan Parsons per la sua incredibile capacità di rendere i suoni sublimi e confido in un futuro riavvicinamento con Woolfson, chè al giorno d’oggi c’è tanto bisogno di musica vera.
The Alan Parson’s Project
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