L’altro ieri sera mi sono ritrovato a discutere con amici come non facevo da molto tempo. Non so se avete avuto modo di sperimentare quelle discussioni d’ispirazione ontologica basate su paradossi linguistici e/o scientifici. Ebbene, è successo proprio questo, a distanza di oltre 7 anni dall’ultima mio agguerito comizio sulla precedenza da dare al nichilismo in relazione a tutto ciò che concerne la propria crescita interiore.
A volte, crescendo, non ci rendiamo conto di quanto si cambi profondamente. Argomenti d’importanza assoluta a 20anni, lentamente, in sordina, vengono accantonati per lasciare posto ad altre priorità. La luce della ragione acceca, a volte ci fa vedere tutto chiaramente, altre ci impedisce semplicemente di vedere e pare che, man mano si cresca, tutto ciò che esula dalla nostra esperienza terrena perda priorità sulle nostre considerazioni comuni.
Inutile cercare di convincere l’amico che domandarsi il senso della nostra esistenza attraverso la considerazione filosofica di presente inteso come successione eterna di attimi impalpabili è tempo sprecato, com’è tempo sprecato sforzarsi di spiegare i paradossi della conoscenza umano immaginando il numero più alto che esista o il motivo per il quale il piè veloce achille non riuscirà a raggiungere la tartaruga. L’esperienza e le riflessioni fatte in gioventù mi hanno reso consapevole di una cosa importante: le speculazioni lasciamole ai filosofi che hanno tutte il tempo per logorare la propria mente, noi poveri esseri mortali, costretti a batterci per la sopravvivenza fisica e l’integrità morale, dovremmo affidare alla nostra ragione la comprensione dell’essere nella maniera più semplice possibile, come semplicemente dobbiamo analizzare le nostre emozioni, e con la medesima semplicità affrontare i problemi.
C’è chi si ostina a non voler crescere… beh, alla luce di tutto questo, sono lieto di invecchiare.
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