Quando ho spiegato alla mamma che te ne sei andata
tu hai risposto: non ancora, ne deve fare di strada prima di diventare una stella!
… deve passare per il mondo e farsi vedere da tutti
sorvolare la Spagna e poi l’America…
ci vuole ancora un po’, non ti preoccupare
è ancora tra noi, puoi ancora parlarle.
Poi mi ha chiamato, era passato un decennio:
ci sono tre stelle in cielo – ha detto –
e la nonna Ninetta le ha raggiunte proprio adesso
sta parlando con loro perché sai, un tempo erano persone, e forse devono spiegargli cosa deve fare per tramutarsi in stella.
So che l’hai già vista, caro Franco, questa immagine evocata da mio figlio. L’hai vista perché gli artisti talora lanciano sguardi su ciò che non è ancora accaduto. Sapevi che sareste volati insieme il 5 febbraio del 2024, e che prima di fermarsi ad illuminare le notti di chi avrebbe avuto gli occhi per vederla, Ninetta avrebbe trascorso qualche minuto in compagnia di 3 dei suoi cari.
Nonna, il mio bambino ti cerca. Io non ho occhi per guardare in che direzione punta il suo sguardo, non ho orecchie per comprendere le parole che pronuncia, non ho cuore per sentire ancora una volta l’emozione di vivere le sue giornate con te.
Io… non ho più la memoria di quello che il mio bambino provava poiché quel cortile un tempo affollato di grida gioiose e risate, è solo il deposito di un vecchio congelatore marchiato con una X e la vecchia ruota d’un trattore trascinata da un ramo di geranio. Poi c’è il vecchio pendolo del gondoliere che carico a vuoto, il motore della dispensa inceppato nei frammenti della sua faccia perduta, mentre sul davanzale della finestra non c’è alcun piatto di brodo fumante che possa fissare dall’alto delle tue porte, degna ricompensa per aver interpretato il Rigoletto dietro una maschera di bimba.
Parla ancora Ninetta al mio bambino… raccontagli ogni secondo del tuo amore, digli che se grida forte potrei anche sentirlo, per destarmi finalmente da questo brutto sogno.