Il giorno del concerto si avvicina, sabato partirò per Roma e lunedì sera sarò sotto il grande palco allestito con i migliori ritrovati della tecnologia moderna ad ascoltare uno dei miei più grandi miti dell’adolescenza: i Pink Floyd. Salvo l’esaltazione di cui sono preda in questi giorni dovuta alla magica ricorrenza, tutto procede per il peggio. Non un raggio di speranza, magari effimero, intravedo dentro e fuori da me, sto arrivando persino a dubitare delle certezze che ho acquisito in questi maledetti anni, non parlo delle verità ultime perché ciò contrasterebbe col mio pensiero relativo alla certezza che non vi è alcuna certezza, ma bensì delle mie passioni, della letteratura, della musica. Troppe volte mi sento un guscio vuoto e ho bisogno di volare con le ali dei veleni per riacquistare quella parte di me che sembra mi stia sfuggendo pian piano. E adesso mi chiedo che bisogno avevo di dissimulare la mia vera essenza e manifestarla solo a chi potesse capirmi se sono proprio le persone che ti capiscono quelle che ti abbandonano. E poi non sono mai riuscito a dissimularmi abbastanza, vado in giro a parlare di fascismo, tengo la foto del duce appesa alla parete della mia stanza e contemporaneamente parlo di libertà, di libertà totale. Detto fatto, non mi aprirò più a nessuno, forse serve più sembrare un guscio vuoto che essere considerato un essere senza cervello in continua contraddizione.
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Prima pagina per questo nuovo diario; speriamo che almeno tu riporterai delle buone notizie, chissà cosa
Sono strani percorsi, quelli della mia mente: tortuosi, oscuri. Ad ogni passo mi sento sfiorare da un
Quando al mattino mi desto, col sudore in fronte e la malinconia nel cuore, guardo sempre