La tristezza negli occhi del mondo

5 Giugno 2008
2 minuti di lettura

Sono passati più di 6 anni da quando ho deciso di scrivere pubblicamente i miei pensieri: dalla vecchia agenda con copertina in simil-pelle custodita segretamente nel cassetto sono passato al blog, e quindi, dall’espressione personale alla condivisione totale di idee, fatti, sogni… ogni tanto arriva qualche commento su un post del 2003, e così lo rileggo, ogni tanto sfoglio la vecchia agenda, e sono rare le volte in cui, tra le cose che scrivo, mi riscopro a volgere gli occhi al mondo senza provarne tristezza.

A volte mi chiedo da quale parte del mio cuore tragga forza la mia positività, il desiderio di cambiare la vita delle persone che amo, di sostenere gli amici che soffrono… altre volte mi sembra di lottare contro dei buchi neri; eppure anche io sono stato un buco nero, c’era un tempo in cui scrivevo di nichilismo, di insensatezza del vivere, e affliggevo le persone che mi stavano accanto che, il più delle volte, si allontanavano perchè esasperate.
Sono cambiato, e l’ho fatto perchè la vita mi ha dato ragione di credere che bisogna essere positivi, perchè è naturale, perchè è necessario, perchè è così che siamo fatti… siamo creature adattabili, la sofferenza è una condizione temporanea così come la gioia, siamo persino capaci di abituarci al dolore, e trarne forza per spingerci avanti, per continuare a lottare con l’energia di 100 eroi.

Ieri sono uscito per fare la mia solita visita al giornalaio di Piazza Stesicoro (che città meravigliosa, le edicole sono aperte fino a mezzanotte), e da lì ho raggiunto la strada del Perbacco, un locale in zona… dovevo raggiungere degli amici in tutt’altra zona e il passaggio da lì era quasi obbligato. Avrei superato quel tratto incolume se la mia attenzione non fosse stata attirata da un teatrino grottesco, i protagonisti: una mendicante e un uomo circondato da donne bellissime (comparse da rivista patinata, per intenderci). La mendicante chiedeva dei soldi, piangeva e porgeva la mano alla distinta figura, ed ogni volta lui gliela faceva abbassare con un colpo secco del palmo dicendo: dammi il cinque vecchia pazza. E rideva, il pazzo in quel momento sembrava lui, e le donne che lo accompagnavano ridevano pure, come galline nel pollaio… lo guardavo, i capelli sistemati alla perfezione, la giacca, vestito casual ma decisamente alla moda (non conosco i nomi delle marche di grido ma c’erano delle scritte in bella evidenza in tutti i suoi capi)… continuavo a guardarlo fin quando lui non ha guardato me. Ha smesso di ridere, si è girato verso le sue donne, ed io ho guardato la mendicante, ma lei continuava a guardare in basso, con la bocca piegata in una smorfia. Ho continuato a camminare, guardando in avanti, e ripetevo a me stesso: è gente del kazzo, tu non c’entri nulla, tu non sei qui, tu non appartieni a questo mondo.

Non so perchè ma non riuscivo a trovare la strada per la Chiave, forse non volevo neppure trovarla, forse non volevo più vedere nessuno. Mi sono accusato di essere un bigotto, di avere dei problemi col mondo semplicemente perchè ero un diverso, che ci sono persone del katz, ma ci sono anche persone che vanno bene, anche se sono diverse da me…

Mi sentivo addosso gli occhi di tutti, e non riuscivo a pensare ad altro che alla tristezza di quella scena, al dolore degli uomini, oppressi dai propri simili e da meccanismi bestiali, radunati in mandrie a scambiarsi sguardi lascivi alla ricerca dell’effimero piacere del sesso da una notte, o forse di un castigo… io, sono un bigotto, incapace di abbracciare ciò che è diverso da me, quando dovrei, perchè ognuno ha il diritto di dover essere come gli pare… e la mia rabbia, la mia insicurezza, tutto per la paura di un confronto, nel quale so che sarei etichettato come “uno strano”, perchè quando una donna seduta al tavolo di un pub posa lo sguardo su di me, io abbasso gli occhi, arrossisco, e fuggo via.

Stavo per tornare a casa, stavo per lasciare quella folla che sentivo così ostile quando ho scorto visi familiari, allora mi sono tranquillizzato, perchè tutto il resto è scomparso, perchè la mia solitudine si è dileguata tra i sorrisi degli amici. Ed in questo la conferma che da solo, certe volte, mi sento perduto in questa grande città.

Nicola Randone, alias Art, è Scrittore, musicista compositore, leader della band Randone con all'attivo 7 cd ed 1 dvd LIVE sotto edizione discografica Electromantic Music. Qui pone frammenti di vita, espressioni dell'anima, lamenti del cuore ed improbabili farneticazioni intellettuali.

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cit. da Luna Mancina

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