Ieri ho finalmente avuto il piacere di vedere il film di Jo Baier tratto dall’ultimo libro di Tiziano Terzani: la fine è il mio inizio (in realtà scritto dal figlio Folko che ha raccolto la sua testimonianza).
Devo dire che inizialmente mi sono accostato alla visione con toni un pò scettici: vista la grandiosità del libro e l’accuratezza nei dettagli mi chiedevo come potesse il regista racchiudere in un’ora e mezza scarsa la vita di un uomo che di cose ne aveva fatte tante.
Per fortuna il mio pregiudizio è crollato già nei primi minuti di visione. Poi, nonostante un’impostazione fatta di soli dialoghi con qualche interessante episodio di quotidianità, il film è letteralmente volato, il meglio dei dialoghi tra Tiziano ed il figlio Folko è stato riassunto da un Bruno Ganz all’altezza del ruolo assegnatogli. Tuttavia devo avvertirvi che è un film che si gusta meglio se si è prima letto il libro; per ovvie ragioni di sintesi alcuni argomenti che vorremmo approfonditi sono trattati in modo essenziale e questo non agevola certo la comprensione del pensiero di Terzani che, nei suoi libri, viene sviscerato, documentato ed interpretato come pochi autori oggi riescono a fare. Di sicuro dal film vengono fuori le grandi conquiste spirituali del protagonista, la sua capacità di staccarsi dal proprio corpo e dalla mente per unirsi ad ogni essere dell’universo, ed in questo è molto commovente la parte in cui descrive la sensazione di unirsi ai movimenti di un piccolo insetto maculato da qualche parte sull’Himalaya che d’un tratto spicca il volo da un promontorio aprendogli così lo sguardo al Tutto.
Ma il grande insegnamento ed il messaggio più forte in tutto il film riguarda la morte. Perchè di questo si tratta, sono gli ultimi giorni di un uomo con alle spalle una vita fatta di grandi soddisfazioni e con gli ultimi anni trascorsi invece a cercare il senso della propria esistenza per così prepararsi alla fine.
La paura della morte scompare quando riesci ad accogliere quest’evento come ineluttabile condizione dell’essere. Nasciamo e moriamo, e tanti altri lo hanno fatto prima di noi, e la morte in questo senso è l’unica cosa nuova che resta da provare, perchè dopo una vita giusta e piena di soddisfazioni, cos’altro può chiedere un uomo se non unirsi a quello di cui ha sempre fatto parte e dal quale, venuto al mondo in una società come la nostra, si distanzia per accontentare il proprio ego, per assecondare la legge economica che ci vuole proiettati tutti verso un mito che non ha senso, e così dimenticare che come siamo nati, così moriremo e abbandoneremo ogni cosa. Terzani lo spiega benissimo nei suoi libri, riesce a farti entrare dentro un concetto che sentito così sembra la solita cosa new age o le robe orientali che molti seguono per moda, e lo fa da occidentale per gli occidentali, senza superstizioni, con tutte le mille contraddizioni che ogni verità porta con sè… ed in questo emblematica la frase: la verità è una terra senza sentieri.
E’ stato un piacere gustarmi questo film con Veronica, e spero che anche i miei lettori potranno goderne dopo aver letto il libro. Bravo Baier, incredibile che non si sia proposto qualche regista italiano ma dal nostro paese ormai non mi aspetto più di tanto.