The Desert Trip: Cachuma Lake Recreation Area

19 Settembre 2016
8 minuti di lettura

Al terzo giorno di viaggio trovo finalmente un attimo di tranquillità per scrivere qualcosa di questo mese che ci stiamo preparando ad affrontare negli States.

Anzitutto un po’ di riassunto: siamo partiti il 15 Settembre dall’aeroporto di Comiso col mio buon caro vecchio amico secco e Bro (mio fratello) per arrivare a Milano intorno alle 11 di sera e passare la notte a Malpensa, dormendo in sacco a pelo sul duro pavimento come debosciati.

L’indomani, intorno alle 6, siamo partiti con destinazione Roma (proprio così, se volevamo risparmiare ben 150 euro di biglietto bisognava necessariamente tornare indietro) per poi imbarcarci con un bestione Alitalia alla volta di Los Angeles: fortunatamente l’esperienza di viaggio in aereo me la sono lasciata alle spalle da un po’ (la mia ansia da viaggio su una scatoletta di metallo sospesa in aria in balia dell’universo e’ abbastanza nota), anche se ad essere sincero i 5 film che mi sono guardato, i 2 pasti ed i due spuntini mi hanno reso le 13 ore di viaggio non così terribili come temevo.

L’arrivo a Los Angeles, leggermente in ritardo (almeno 2 ore) per via del Meteo a Roma, ci ha già immersi nel mondo USA: c’era parecchia gente come in qualsiasi aeroporto di una grande città, ma tutto era ordinato, nessuno gridava ne’ rompeva le palle perché stava in coda, nonostante la fila numerosa siamo riusciti a passare i controlli dell’immigrazione in un tempo più breve di quanto ci saremmo aspettati e appena fuori dall’aeroporto c’era già uno shuttle che ci avrebbe portato alla stazione di noleggio di Alamo: l’agenzia presso la quale avevo noleggiato l’auto. Giusto per la cronaca, non è possibile affittare un camper il giorno dell’arrivo, probabilmente perché sia le autorità che le agenzie di noleggio mezzi si tutelano dell’eventualità che l’immigrazione ti blocchi qualche ora in più per i controlli, d’altra parte è obbligatorio comunicare all’agente addetto l’esatto indirizzo del Motel/B&B che hai scelto per dormire il giorno dell’arrivo, forse per venirti a svegliare nel cuore della notte qualora saltasse fuori qualche particolare scottante sulla tua vita: naturalmente sono tutte supposizioni che alla fine non ho tanta voglia di verificare visto che ormai sono qui da un po’ e va tutto bene :)

Continuando, in pochissimo tempo arriviamo al noleggio auto di Alamo ma erano bastati già quei pochi minuti sullo shuttle (l’aeroporto e’ sostanzialmente in mezzo alla città) perché le palme striminzite che caratterizzano tutta la California, viste e straviste non so in quanti film, ci dessero il benvenuto a Los Angeles.

Riusciamo a recuperare la macchina in meno di 10 minuti, nel senso che tra i documenti ed il fatto che siamo già in strada bastano davvero 10 minuti (a Londra abbiamo perso un’ora intera): a quel punto Los Angeles è nostra, molliamo subito il proposito di andare all’appartamento in zona Hollywood per posare valigie e rischiare di svenire sul letto ed iniziamo a girare a “sentimento” iniziando con Downtown, termine con il quale negli USA si definisce il centro della città (che vale, pare, per i grandi centri urbani). Qui inizia a scorgersi l’America dei sobborghi con umani decisamente caratteristici: si potrebbe pensare che il centro di una città come Los Angeles possa essere sfarzoso e pieno di negozi e gente con pellicce e anelli d’oro ed invece no, diciamo che da quello che ho visto mi e’ sembrata più la casa degli homeless, con quattro grattacieli contati a fare da sfondo ad una vita che vista da fuori non sembra poi tanto malvagia: in fondo piazzare una tenda in piena Los Angeles e dormirci dentro può anche non essere la peggiore delle sorti anche se sono sicuro avrei un po’ di timore a fare un giro la notte per quelle strade benchè sembrasse di stare dentro ad un film.

Passata velocemente Downtown abbiamo deciso di fare una capatina alla Hollywood Walk Of Fame, la famosa zona dove nelle mattonelle del marciapiede ci sono delle stelle con dentro i nomi delle star di Hollywood (e non solo). Abbiamo posteggiato giusto al principio della Hollywood Boulevard e da lì in pochi minuti siamo arrivati al quartiere: purtroppo ero davvero troppo stanco per godermi al meglio il tutto, dormire così poco e restare seduto in aereo per 13 ore consecutive non hanno certo giovato al mio fisico e c’è anche da dire che a quell’ora, in Italia, era appena l’alba e tra le poche ore di sonno all’aeroporto di Malpensa e quel dormicchiare sull’aereo si può dire che da lì a poco avrei rischiato di svenire tra le braccia di qualche centauro. Ad ogni modo, l’entusiasmo d’essere lì mi ha dato qualche energia in più e da lì a poco abbiamo raggiunto l’inizio della celebre Walk of Fame e… ecco… non so se per la stanchezza o per la tarda ora, ma quelle mattonelle sul marciapiede non mi hanno colpito come credevo… tutto il quartiere in genere mi è sembrata una versione turistica triste che un’espressione realistica della vera Hollywood; forse il solo Teatro Cinese, con le impronte stampate nel cemento delle più grandi stelle di Hollywood, è stata la parte più caratteristica, il resto era solo intrattenimento becero con sosia tristi delle vere star che vendevano ai turisti la possibilità di fare foto con il divo (che in realtà assomigliava davvero poco all’originale) e dulcis in fundo la fata turchina che dopo aver passato un po’ di tempo ad ammiccare sul marciapiede delle stelle, è salita su un macchinone con dentro un omaccio col sigaro… sigh.

Intanto lottavo ancora col sonno e tra un sosia triste e l’altro ci siamo ricordati di dover mangiare. Accanto ad un pub per centauri c’era un grazioso localino dove si mangiava sushi, un contrasto di stile e soprattutto di clientela davvero curioso, abbiamo deciso quindi di venderci alla borghesia ma non appena mi sono seduto, ho chinato la testa ed iniziato a russare… katz… da non crederci, sembrava che tutte le energie di scorta ricevute dall’entusiasmo iniziale si fossero esaurite in un colpo solo: mi sono svegliato allertato dal “secco” giusto quando è arrivato il piatto e la birra.

Finita la cena eravamo tutti abbastanza d’accordo sul lasciare la Hollywood Boulevard ed intanto l’atmosfera del quartiere iniziava ad assumere una forma decadente: da lì a poco sarebbe diventato un pullulare di puttanone cosplay e turisti in cerca di un brivido in più.

Nonostante il mio cervello si godesse pienamente la fase REM, ho accettato di completare la serata con un giretto in macchina sulla Sunset Boulevard, la famosa strada di American Graffiti. Il secco contava su di me perché gli segnalassi i luoghi simbolo del rock come il Whisky a GoGo, ma non c’è verso di tenere gli occhi aperti per più di qualche secondo, i vari punti di interesse che dovevamo attenzionare passano anonimi sul navigatore del mio cellulare sul quale non riesco a concentrarmi, in quel momento credo che solo un pazzo avrebbe fatto affidamento sulle mie capacità cognitive ed il secco recita spesso la parte di quello che perde la pazienza spargendo un pò di ilarità nell’abitacolo sonnoloso nel quale mi trovavo.

Come in un sogno, ricordo dei flashback di noi che posteggiavamo, di una disavventura col parchimetro che ci frega due dollari, e del piacere di affondare la testa nel cuscino… nient’altro, neanche il momento in cui mi sarei tolto le scarpe.

L’indomani per me alzata prestissimo, andava caricato il parchimetro perché alle 8 del mattino scattava la tassa sul parcheggio: qualcuno penserà  non l’abbiamo fatto di notte, è presto detto… a Los Angeles (o forse in tutta l’America, lo scopriremo) i parchimetri sono stupidi… non sanno che se carichi 2 ore alle 2 di notte devono iniziare a conteggiare al contrario il tempo rimasto a partire dall’ora in cui effettivamente bisogna pagare il parcheggio, quindi dopo aver buttato 2 dollari, abbiamo dovuto constatare che qualcuno si sarebbe alzato la mattina a caricare quel katz di stupido parchimetro.

Giusto il tempo di una doccia, vestirci ed eravamo gia’ in macchina pronti per una visita piu’ lucida e ragionata alla citta’. Sicuramente il momento piu’ magico e’ stato a Venice, prima con le casette sui canali (chiaramente proprieta’ di miliardari pazzeschi), e poi il lungomare pieno di artisti: dal Robert Wyatt della situazione al piano che suona House of the rising sun, all’annunciatore da circo che invita tutti ad entrare al suo freak show con la donna baffuta, l’uomo di ferro e tutto il resto.. insomma, tutto americanissimo ma con una qualita’ che i detrattori della cultura americana ignorano: ovunque ti girassi vedevi gente col sorriso, ed anche l’atmosfera era serena, i barboni stessi non sembravano affatto scontenti della loro situazione…

Purtroppo il tempo tiranno ci ha portato presto via dalle spiagge coi surfisti e dal lungomare felice di Venice: bisognava prendere il camper, posare la macchina e recuperare il bagaglio di Bro smarrito a Roma. In un tempo incredibilmente breve abbiamo fatto tutto questo e siamo passati dalla nostra utilitaria ad un camion di 30 metri super accessoriato che adesso ci stiamo godendo in pieno… neanche a dirlo, il bagaglio era stato recuperato e ci era stato prontamente consegnato persino in anticipo rispetto a quanto annunziato… la cosa e’ andata a favore del tour finale previsto a Los Angeles e cioe’ quello degli Universal Studios.. la notte degli orrori  sotto una spettrale luna piena ci ha permesso di chiudere la parentesi cittadina.

Dopo una notte passata al parcheggio degli Universal, la mattina non troppo presto sono arrivati i primi pulmini di turisti, ma noi eravamo gia’ sveglio e pronti per la HW 1 meglio nota come Pacific Coast Highway, prima pero’ bisognava fare spese per un mese: acqua (che non era mai troppa), bibite, scatolette, pasta e tutto quello che serve per una casa mobile. Walmart ha fatto al caso nostro e li’ non ho resistito alla tentazione di rifarmi un Chromebook, la macchina con la quale adesso sto scrivendo: 200 dollari per un pc che in Italia costa almeno 300 euro.

La spesa e’ stata snervante, più di 2 ore passate al supermercato per 500 dollari totali di scontrino… wow ci ha detto la ragazza alla cassa. Dopo aver caricato tutto in camper e sistemato al meglio tutto quanto ci siamo diretti velocemente a Malibù, prima tappa sulla California 1. Ci siamo limitati a dare uno sguardo alla località solo di passaggio: le grandi palme e le lunghe spiagge piene di surfisti confermano ancora una volta l’archetipo californiano.

VIaggiamo sulla popolare strada di Kerouac ed Henry Miller a velocità non troppo alte: il camion – pardon camper – di 30 metri non frena come una normale macchina quindi, superate 60 miglia orarie, fare una curva puo’ significare rischiare di rovesciare piatti e bicchieri. Ad ogni modo, siamo riusciti ad arrivare senza alcuna difficoltà nella ridente località di Santa Barbara: un giro veloce sul simpatico pontile ad ammirare i piccoli cartelli in legno con le illustrazioni in delicato stile retro’… e subito via verso la California 1. L’obiettivo iniziale era quello di raggiungere la spiaggia della Piedra Blanca ma un errore di navigazione ci ha fatto ritrovare nell’entroterra… solo grazie al navigatore siamo riusciti a prendere di nuovo la rotta ma era tardi, eravamo stanchi e l’unica prospettiva valida era posteggiare il camper in questa riserva naturale con un lago… ieri sera siamo quasi svenuti ma stamane ho avuto tutto il tempo di guardare un paio di colibrì che stavano sospesi in aria per bere da un abbeveratoio, qualche scoiattolo, degli strani uccelli e quello che più in genere e’ la natura come non l’hai mai vista.

Adesso siamo in partenza per la California 1… ci aggiorniamo ai prossimi giorni.

Nicola Randone, alias Art, è Scrittore, musicista compositore, leader della band Randone con all'attivo 7 cd ed 1 dvd LIVE sotto edizione discografica Electromantic Music. Qui pone frammenti di vita, espressioni dell'anima, lamenti del cuore ed improbabili farneticazioni intellettuali.

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