cover: rebirth (2003) di JapiHonoo
Tra le pianure del monte che sto attraversando ho scovato, nascosta in un tronco d’albero, una porta magica. “Perduto” è il mio nome, ma forse lo sapete già in quanto ieri, come adesso, ho fatto visita alla dimensione dei numeri mosso dal mio insolente desiderio di comunicazione.
Dentro le porte magiche rivivo il mio passato, ritrovando in esso una delle poche fonti di gioia all’interno del perpetuo camminare.
Oggi ho fatto visita alla mia infanzia, ed è stata un’esperienza di una dolcezza imprevista, per questo voglio raccontarvela. Sono figlio di fata e di troll, una di quelle unioni che hanno fatto bisbigliare la foresta per secoli. Nessuno avrebbe giurato che quel matrimonio potesse durare nel tempo, eppure entrambi sono stati capaci di raggiungere le stelle del cielo tenendosi per mano e di amarsi sulla terra fino all’ultimo giorno.
Mio padre era un troll fuori dall’ordinario: era in grado di articolare le parole anziché esprimersi a grugniti ed era sempre molto gentile e rispettoso nei confronti di mia madre. Di lei serbo il ricordo più dolce, oggi l’ho vista giovane, stretta nel suo vestito di seta rosa con una corona di fiori a cingerle il capo e cento, mille, sorrisi in viso per la mia anima. Ero lì, ancora bambino, a sorriderle e starle dietro come tutti i cuccioli di fata.
Mia madre cuciva per me una stella di stoffa, e lo faceva ogni notte, poi all’alba, quando il bosco si riscaldava ai primi raggi del sole, me la donava dicendomi: – ecco anche oggi la tua stella, bambino mio – Quel gesto si è ripetuto instancabilmente per i successivi 147 anni. Allora non comprendevo perchè quei piccoli oggetti mi facessero stare tanto bene, ricordo solo che, una volta al mese, mio padre si insinuava nella mia grotta approfittando della mia assenza ed era ghiotto, ma così ghiotto, di quelle stelle di stoffa, che cominciava a divorarle fin quando non si saziava. Un giorno lo sorpresi nel bel mezzo di quello strano banchetto e gli dissi – Padre, queste stelle di stoffa non sono buone da mangiare – e lui – solo per te figliolo non sono buone, non vedi quanto siamo diversi? -. L’ho rivista anche oggi quella scena, e più di ogni altra cosa ricordo le parole di mia madre – Le stelle di “Perduto” non sono fatte per il tuo cuore, per te ci sono solo ghiande – . Allora non comprendevo la ragione di quel rimprovero, pensavo che le mie stelle fossero abbastanza per entrambi e ritenevo possibile sacrificarne un po’ per la gioia di mio padre. A quel tempo non intesi a pieno neanche il senso della laconica risposta che mia madre mi diede: – So quello che faccio, tuo padre ha un buco nero nel petto e le tue stelle perdono la loro luce quando vi entrano, adesso sono tante ma domani potrebbero non restartene abbastanza -. Solo molto tempo dopo, vivendo, avrei colto la profondità di quelle parole e l’importanza di ognuna delle mie piccole stelle.
Oggi che comprendo, oggi che so, il ricordo di quel giorno mi riporta a “Perduta” e a come getti volontariamente le sue stelle dentro un buco nero. Ella non ha idea di quanto sia deleterio bruciare in questo modo le proprie stelle, così come forse non è sano che io continui questo percorso di luci ed ombre senza la possibilità di fermarmi, fosse anche per cent’anni, all’ombra di un confortante faggio. Perdonatemi, sto divagando, avrei voluto parlarvi solo del mio passato, ma il pensiero mi sfugge e, in un modo o nell’altro, torna sempre a “Perduta”.
Distolgo lo sguardo dall’immagine di lei che la mia mente continua a proiettare e dò un’ultima occhiata all’interno di quella porta aperta sul passato, scorgo mia madre mentre prende per mano il suo troll e, guardandomi come il sole guarda la luna, si allontana fino a sparire tra il verde del bosco. Un dolore stranamente dolce mi prende il cuore e mi dice che quello è il nostro ultimo incontro. Cucio sul mio petto le stelle rimaste e seguo il richiamo del perpetuo camminare. Aveva ragione mia madre, le stelle bastano a stento, e adesso desidero non condividere più il mio cammino con nessuno perché tutti quelli che ho incrociato sulla mia strada me ne hanno strappate un po’. Ed ogni volta mi sono sentito più solo.
Per adesso poso qui i miei pensieri, della corona di “Perduta” non so ancora nulla, ma ho visto che la luce, ogni tanto, ritorna dai buchi neri, così potrebbero tornare anche le nostre stelle, io confido in questo e sento il bisogno di gridarlo al vento: – IO CONFIDO IN QUESTO -, che possa trascinare via queste parole e restituirmele con la stessa intensità quando ne avrò bisogno.
Che meraviglia i ricordi amici miei, quando li sento così vicini ne comprendo la vera forza e questo mi aiuta a migliorare. Non gettate via le vostre stelle, perché equivale a chiudere a chiave il cuore e un giorno potrebbe non esserci più una fata pronta a confezionarle per voi. Io avrò cura di quelle che mi sono cucito al petto, quasi fossero il mio stesso cuore, e non permetterò più a nessuno di sottrarmele.
Forse domani vi parlerò della prossima porta, ma se non mi vedeste non rattristatevi, nella dimensione dei numeri possiamo esistere per sempre, al di fuori del tempo e dello spazio.
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(da Linea di confine, una favola d’amore. Di Nicola Randone con il contributo di Emanuela Fragalà)
saruman -> grazie del tuo commento, ne sono lusingato :)
un abbraccio grande
ciao mr!
i tuoi post sono pagine di libri… di quelli belli, però ^__=
un abbraccio *.*
Buongiorno Nico, passo di qui per augurarti una buona domenica…. torna a scrivere presto… leggerti è terapeutico per me invece, diciamo che il periodo non è dei migliori sotto l’aspetto emotivo… diciamo che a volte il mio cuore diventa un piccolo buco nero di tristezza e di brutti ricordi… e mi rasserena leggere le tue storie che hanno sempre una morale fortissima da trasmettere. Grazie ancora e grazie per aver risposto al mio commento. A presto…
un abbraccio grande anche a te fatina… sono sicuro che riuscirai a cucirtele da sola, in principio saranno piccole, ma col tempo diventeranno così tante che ti basteranno quanto una grande, forse di tanto in tanto ne perderai qualcuna per strada fin quando qualcuno ne cucirà una grandissima solo per te ed in cambio ti chiederà di fare la stessa cosa utilizzando la stoffa di quelle che hai, poi se il suo cuore è un buco nero la tua stella vi sparirà dentro e col tempo mangerà anche quella che ti ha donato, su questo ahimè non abbiamo grande controllo, però sapremo difenderci meglio, di questo ne sono certo, e sapremo distinguere meglio un cuore da un buco nero.
Grazie per il tuo commento, come ti ho già scritto, in questa fase della mia vita la vicinanza emotiva con delle belle persone è straordinariamente terapeutica per me :)
Hai ragione Nico, ognuno di noi dovrebbe tenersi ben strette le sue stelle, grandi o piccole che siano… io le paragono un po ai momenti belli della vita, agli attimi felici, alle piccole luci che si hanno dentro il cuore… Ma la vita o il destino non so mi hanno fatto incrociare persone che avevano davvero un buco nero nel cuore… e ora… non ho più nessuno che possa cucire per me una stella di luce… me le hanno prese tutte…ne ho perse due che valgono la mia intera vita, e mi chiedo a quante ancora dovrò rinunciare…
Ma forse… potrei essere io stessa a farmele da sola… ci potrei provare…
Grazie Nico per le tue storie… mi aprono l’anima…
Un abbraccio