<< continua dal prologo
Dov’eravamo rimasti?! Ah già, a ciò che è seguito alla decisione di sposarmi e che benché la sfiga, alleata delle care vecchie abitudini, vorrebbe farci credere che comunque, alla lunga, siamo destinati al fallimento, avere fede nei propri sogni è l’atteggiamento di gran lunga più apprezzato dall’universo che, in qualche modo spesso misterioso, contribuisce alla loro realizzazione.
Per raccontare i “dietro le quinte” di tutta la vicenda è imprescindibile passare dalla burocrazia, parte che da sola ha avvilito i nostri propositi visto che “se il buongiorno si vede dal mattino”, il nostro sarebbe stato funestato da grandine e fulmini.
La parte della burocrazia inizia con un quesito al sacerdote della nostra parrocchia, e cioè cosa dovevamo fare per sposarci all’estero. Non sono tante le persone che si sposano all’estero ma ogni prelato, almeno una volta l’anno, ha esperienza di una coppia che decide una destinazione esotica per rendere più speciale il giorno più bello della propria vita. Il nostro parroco ci ha informati che tutti gli sposi “esotici” si erano prima sposati civilmente in italia. Io non ero affatto contento di questa soluzione e ho insistito per sapere come evitare il matrimonio civile: naturalmente non avevo alcuna voglia di farmi sposare dal sindaco e non volevo inquinare la magia del nostro matrimonio né privarmi del piacere di farlo una sola volta in un bel posto. A quel punto il parroco ci ha indirizzato ad un suo più esperto collega in curia.
Una volta arrivati in curia, per fortuna senza bisogno di prendere appuntamento e aspettare chissà quanto, siamo stati accolti da un religioso più esperto in materia burocratica. Questi, dopo aver appreso del nostro desiderio, ha fatto un gran respiro e ci ha letteralmente inondati di informazioni funeste per il nostro entusiasmo: sposarsi all’estero e sperare che ogni soggetto incaricato di convalidare il matrimonio in italia facesse diligentemente il suo lavoro era, secondo il canonico, una possibilità molto remota. A suo parere confidare in una burocrazia straniera capace di dialogare efficacemente con quella nazionale partendo da un documento compilato dal parroco della chiesa dove ci saremmo sposati che doveva poi essere ratificato dal comune (ayuntamiento) e trasmesso al consolato di Siviglia per finire, con buone probabilità, nelle mani sudaticcie di un impiegato andaluso che nella migliore delle ipotesi lo avrebbe evaso entro un anno, era troppo persino per un uomo di fede. Il consiglio quindi era di sposarci civilmente in Italia e di compiere in Spagna il solo rito religioso per evitare così la possibilità, non tanto remota, di perderci le carte per la convalida civile in italia. Il nostro parroco conosceva di certo questa risposta ma probabilmente non aveva avuto il cuore di vomitarcela addosso come ha fatto l’uomo della curia.
Chi mi conosce sa bene che quando tengo ad una cosa non mi lascio certo scoraggiare al primo tentativo, se l’alternativa era farci sposare da un politico avevo anche una ragione in più per cercare un secondo parere. Il parere religioso era stato consegnato, ci serviva adesso quello laico dell’amministrazione comunale e la speranza forte era quella di non trovare una fila lunghissima e l’impiegata ancora al bar a prendere un altrettanto lungo caffè americano. Per fortuna la realtà era ben diversa da come la immaginavo, in effetti gli impiegati del comune non sono più come una volta né l’affollamento dei loro uffici, la simpatica signora dello sportello matrimoni era lì al suo posto e non c’era nessuno davanti a me: in effetti, le altre volte in cui ci siamo andati, in quel particolare ufficio è sempre regnato un silenzio tombale e l’impiegata ti accoglieva come se non vedesse un essere umano da quando aveva iniziato il turno. Purtroppo il parere laico non è stato risolutivo come speravo, l’impiegata si è persino sbilanciata in un’ipotesi di terror-burocrazia immaginando che il foglio attestante il nostro matrimonio sarebbe potuto finire imbrattato di sangria in una delle tante festicciole che gli spagnoli improvvisavano sul luogo di lavoro e beh… niente ratifica in Italia. A quel punto, risultare sposati solo in Spagna sarebbe stato come il millenium bug per i computer (che poi in realtà non è successo proprio niente ai computer): i libri dei comuni dov’erano presenti i nostri dati si sarebbero incendiati spontaneamente e le lettere avrebbero iniziato a cadere dal monitor se qualcuno avesse digitato i nostri nomi in qualsiasi terminale. Sarebbe stato un enorme problema che non avremmo risolto se non divorziando e risposandoci di nuovo in Italia.
Con Giuliana eravamo davvero scoraggiati e, come se non bastasse, il nostro parroco ha incalzato dicendoci che sia il matrimonio che il battesimo di Corrado Santiago avrebbero comportato disagi nel lungo termine: ogni qualvolta avessimo avuto bisogno di un documento avremmo infatti dovuto richiederlo alla chiesa di Caceres, e chissà se negli anni questa non sarebbe stata oggetto di profanazione, abbattuta da qualche infedele o semplicemente svanita a causa di una distorsione temporale; insomma, intorno a noi c’era solo negatività e pessimismo riguardo la nostra scelta, per non parlare dei parenti che naturalmente hanno colto la palla al balzo per convincerci a fare una cerimonia intima nella chiesa sotto casa, così nessuno avrebbe dovuto prendere un aereo e fare 300km sotto il sole della mancia. Per fortuna l’universo stava già dandoci una mano suggerendomi di chiedere un terzo parere: dopo il parere religioso e quello laico, mancava infatti di affidarsi a quello cibernetico che si cela sotto il nome di Google. Probabilmente avrei dovuto farlo sin dall’inizio, ma per qualche motivo ho creduto che le istituzioni sarebbero state maggiormente preparate. Così ho cercato la parola “sposarsi a Santiago” ed ho avuto il mio terzo parere già dal primo risultato: Il Cammino degli Sposi (http://sposipellegrini.altervista.org/).
La procedura descritta dagli “sposi pellegrini” era del tutto diversa da quello che ci avevano raccontato in curia e al comune. I passi da seguire erano pochi e molto semplici:
- Richiedere le pubblicazioni nel comune di residenza e nella parrocchia di appartenenza come nel matrimonio tradizionale
- Sottostare ad un processino matrimoniale dove il parroco cerca di capire se gli sposi sono davvero intenzionati a fare questo passo o se uno dei due e costretto e bla bla bla
- Inviare l’incartamento via curia alla diocesi della chiesa dove ci si intende sposare, fissare quindi con il parroco della chiesa straniera data e ora del matrimonio
- Dopo il matrimonio ritirare dal parroco una certificazione da consegnare all’ufficio “registro civil” che ci rilascia il libro de familia e due documenti: uno che attesta la registrazione in lingua spagnola ed uno plurilingue per l’uso all’estero
- Portare il documento plurilingue al comune italiano per ratificare il matrimonio
- Registrare il matrimonio nella propria parrocchia portando il certificato del comune ed il documento del parroco spagnolo
Quindi… niente consolato, niente impiegato con le mani sudaticcie, nessuna odissea. Io e Giuliana finalmente respiravamo anche se il nostro parroco e l’uomo della Curia non erano affatto convinti di quanto avevamo scoperto e tentavano di fare ancora un po’ di terrorismo, anche se con minore convinzione.
Il corso pre-matrimoniale
Col corso matrimoniale è finalmente iniziato il nostro cammino, un vero e proprio catechismo per adulti specializzato nella comprensione del sacramento. Il prete della nostra parrocchia, padre Nicola, è stato formidabile, ha saputo accompagnarci nel percorso senza farci pesare il fatto che non andassimo a messa, che non facessimo particolare mistero delle nostre riserve su alcuni aspetti della credenza, insomma che non fossimo dei credenti modello. A questo si aggiunge che dal primo giorno fino a quello conclusivo ho sentito di vivere un’esperienza che stava arricchendomi e non qualcosa che dovevo fare per forza: le riunioni sapevano un po’ di “alcolisti anonimi” ma ci sono stati momenti di confronto dai quali ho tratto importanti spunti di riflessione; com’è stato per le giornate passate a Montella, anche qui ho trovato delle risposte sulle domande fondamentali della religione che stupidamente non ci poniamo più credendo che le risposte si siano esaurite nelle odiate ed infauste sedute di catechesi cui eravamo costretti a partecipare da bambini.
L’ultimo disperato tentativo della terror-burocrazia
Terminato il corso ci è stato consegnato il diplomino, da lì abbiamo fatto una semplice richiesta di matrimonio all’estero indicando la diocesi di pertinenza (e quindi Caceres) e la chiesa dove ci saremmo sposati.
In comune abbiamo fatto richiesta di pubblicazioni, fondamentale per ottenere l’approvazione della Chiesa, e lì la macchina burocratica ci ha creato il primo problema: voi che siete residenti a Marina di Ragusa, ci ha detto l’addetta del comune, dovete fare lì le pubblicazioni e non nella vostra vera parrocchia. Chi se ne frega se i fedeli della Chiesa della Madonna Santissima di Portosalvo non sanno neanche chi siete e non vi hanno mai visto, la regola è questa. Per fortuna gli uomini di Chiesa sono più avvezzi a risolvere questi inghippi ed è bastata una semplice telefonata che ho immaginato avesse questi contenuti: mia cara addetta del comune, a che serve chiedere ad una comunità che non conosce i miei parrocchiani se hanno qualcosa da obiettare al loro matrimonio, le pubblicazioni vanno fatte qui figlia mia, non ci crei troppi problemi che al giorno d’oggi non si sposa più nessuno.
Dopo aver versato qualche obolo per le pratiche abbiamo dovuto solo aspettare il tanto agognato giorno, alla conclusione del rito avremmo messo le firme ed il prete ci avrebbe consegnato una certificazione di avvenuto matrimonio. A quel punto entrava in gioco il comune di Caceres che, ricevuto il certificato religioso, lo avrebbe convertito in civile consegnandomi il “libro di famiglia” unito ad un foglio che ci avrebbe reso sposi anche in Italia (sempre che l’addetta al Comune di Ragusa non avesse trovato altro impedimento… cosa che per fortuna non è accaduta).
L’organizzazione del tour
La parte burocratica del nostro matrimonio è stata quindi, contro ogni azione terroristica per scoraggiarci, la più semplice. Il difficile sarebbe arrivato dopo. Per sposarci, gli sposi ed i loro invitati dovevano arrivare a Caceres e non potendo proporre ai partecipanti una marcia di 11 giorni da Siviglia ho scelto la strada più comoda anche in termini di collegamenti aerei: ognuno sarebbe partito dalla propria città per arrivare a Madrid, poi per Caceres ci sarebbero stati 300km passando per la Mancia e l’Extrema Dura. Non senza lamentele da parte del parentame (molti hanno anche tirato i remi in barca) abbiamo ratificato la data ed il nostro matrimonio è stato organizzato in ogni minimo dettaglio: il prete spagnolo era stato informato dalla compagna del Giordi, Maria, mentre noi terminavamo il corso prematrimoniale con padre Nicola ed inviavamo la richiesta per sposarci all’estero tramite curia. La data era il 12 ma saremmo partiti tutti l’11 Settembre: la cerimonia si sarebbe svolta alle 8 di sera.
Il colpo di coda di Murphy
Man mano che ci avvicinavamo alla data io e Giuliana abbiamo dovuto farci carico delle insicurezze dei nostri cari, chi ha tirato i remi in barca infatti non è stato solo qualche zio o mio padre (tra l’altro legittimato dalla sua cardiopatia) ma poco mancava che perdessimo i genitori di Giuliana, cosa che per poco non ha mandato a monte tutto quanto. Sarebbe stato troppo triste infatti vedere la mia sposa accompagnata dal Bracchitta (testimone dello sposo e grande amico di famiglia insieme al Secco) anziché da suo padre e lei stessa ha vissuto male l’indecisione iniziale dei suoi arrivando a mettere in discussione l’intera nostra decisione. Per fortuna, dopo qualche settimana è arrivato il si dei genitori anche se, ahimè, è seguito il no definitivo delle sorelle, una la madrina di Corrado Santiago e l’altra testimone della sposa insieme a Saretta.
Le tensioni che si sono create a seguito delle indecisioni della famiglia della mia sposa sono state la parte più difficile da affrontare. Ad un tratto mi sono chiesto di che pasta fossi fatto davvero se non ero disposto a rinunciare al mio egoismo pur di far felice la mia donna. Questa volta non avevo a che fare con la burocrazia né con un ginocchio malandato, era chiaro che Giuliana avrebbe desiderato con tutto il cuore la sua famiglia ed era estremamente combattuta tra il fare felice me sposandosi diversamente accompagnata, o lasciare perdere il matrimonio in Spagna e celebrare il rito in Italia per dare modo alla sua famiglia di partecipare.
Non sono più un giovincello esuberante e sebbene l’entusiasmo e la voglia di quell’esperienza avessero il sapore quasi dimenticato di quel giovane che credeva nel super amore, ho evitato di battere i piedi a terra e dire “allora non ci sposiamo più” e mi sono preso qualche giorno per riflettere. Alla fine sono arrivato alla consapevolezza che il matrimonio si sarebbe comunque celebrato e che Giuliana avrebbe stabilito se a Caceres o a Ragusa… adesso, in tutta sincerità vi dico che non so cosa sarebbe accaduto se Giuliana avesse scelto Ragusa, non sono sicuro che l’avrei presa bene, fatto sta che per fortuna il suo orgoglio leonino l’ha avuta vinta: niente e nessuno ci avrebbe stravolto i piani e nella peggiore delle ipotesi ci saremmo sposati noi due e nessun altro. Dopo qualche giorno è arrivato il si dei suoi genitori che ha dileguato ogni preoccupazione ed ogni improbabile variazione sul tema.
Nel frattempo nasceva Corrado Santiago :))
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