Già… un amicone

12 Agosto 1996
3 minuti di lettura

Già… è un amicone
ma perché diamine dovevo scriverlo con la penna scarica
e adesso questa lampadina è diventata troppo luminosa.

Vorrei sentirmi scorrere lungo un fiume
e stare ad osservare il cielo e gli uccelli che volano alti
e piangere di gioia per il superamento interiore compiuto
e poi respirare, solo respirare.

Il fusibile salta in continuazione, la testa è in corto:
è un vagone di ricordi che si trascina sui neuroni
è un aratro di oppio che sradica cellule nel suo cammino,
l’immagine di un autobus scintilla nelle mie pupille
mi è quasi addosso, ancora un attimo e mi ridurrà in poltiglia
e cesserò di respirare, e guardare, e sentire.

E’ solo un attimo, alcune voci mi tirano di lato
sono ancora qui, chino sul mio taccuino
la magia si è interrotta, un rumore dall’esterno:
adesso comprendo il mio stato
sono un pazzo furioso, la mia buona coscienza risiede nel supporto ottico.

E’ buona norma di tanto in tanto
lasciare i propri impegni e vedere se per caso c’è qualcuno che ti vuole bene.

Già… un amicone
gli piace come suoni, gli piace come sei
lo ha detto lui
e questa sera non ho visto niente di buono.
Perdermi nel mio cuore equivarrebbe ad attendere a braccia aperte il dolore
e non è più tempo di soffrire per qualcuno
non è più tempo di sentirsi un nessuno.

Sono associato con la natura
ascolto il suo richiamo
e sto bene in sua compagnia.

Passerà quel maledetto ricordo
quella notte senza luna, fredda e anonima
la notte in cui la vidi per la prima volta
la notte in cui la conobbi
la stessa notte in cui mi persi nei suoi occhi
la maledetta notte in cui mi ricoprì di carezze
l’indimenticabile notte in cui la amai
quella fottuta notte in cui decise che doveva guidare
la merda di notte in cui ci schiantammo su un albero
la successiva ospedaliera notte che mi regalò una paralisi degli arti.

Ho dovuto ingaggiare un killer per uccidere la strega
ho dovuto ingaggiare il migliore per vendicarmi dell’offesa.

La mia maglietta inzuppata di sangue
qualcuno grida, qualcuno batte su di un tamburo.

Già… un amicone
lo avrebbe lasciato per me,
lo ha lasciato per me?
Non lo ha affatto lasciato.
Quattro notti fantastiche
questo ha lasciato lei a me,
egoismo
questo ho lasciato io a lei.

Punto le unghie in terra
mi guardo intorno come la preda di un rapace
sgrano gli occhi, ho te davanti
bellissima come non mai,
avrei voluto rubarti un bacio
ma non ho osato toccarti, potevo solo ridere con te
dentro sognavo momenti straordinari
ma con te riuscivo solo a ridere.

Sento il mio cuore che piange
lo faccia pure, non ho intenzione di assecondarlo
ma perché guardandomi allo specchio
mi piace vedere le lacrime che scendono giù dagli occhi
perché mi pare di non avere la forza di mollare tutto
perché devo combattere per stare bene
perché non riesco a starmene senza far nulla.

Un giorno mio nonno mi ha regalato delle biglie
le facevo girare, e ogni volta su esse si rifletteva un volto diverso.

Già… un amicone
forse tutte le volte che giro il foglio
ritorno a lei,
forse tutti i quadri rimasti incompleti
potrebbero cambiare la mia vita,
forse un sogno che si realizza
mi aiuterebbe a scuotere l’anima
e accettare ciò che ci aspetta dopo,
ciò che dovremmo patire quando il telefono comincerà a squillare
ciò che dovremmo sopportare quando la signora nera ci indicherà la porta.

Dovrei pensare meno e sognare qualche ora in più,
dovrei dormire come fa lei,
dovrei evitare di fare le cinque ogni notte.

Mi guardo intorno, sospiro
ma non è ancora il momento, non posso mollare adesso
e se il mio cuore reclama libertà
io rispondo – finiscila con le tue puttanate –
così l’anfetamina si allontanerà discretamente dal mio cervello
così starò meglio… spero di poterlo credere.

Riposa mia signora, distenditi qui, fra le mie braccia
baciami mia signora, non distrarti con lui.

Il signore dei ragni mi aspetta nel suo capolavoro architettonico
vuole intrappolarmi fra i suoi fili di seta
e poi ingoiarmi fissandomi prima negli occhi,
ma sarò furbo nel correre via col mio jetpack.

Già… un amicone.
Dovrei finirla con questo stupido rituale
anche perché se c’è qualcosa di cui ho bisogno adesso
è di un qualche amico.

Sono intrappolato nella mia angoscia acida
vorrei scrivere il suo nome almeno una volta
vorrei scriverlo e poi stare a guardarlo per ore,
ma non posso dare un nome all’amore
non posso dare un nome all’amore.

Mi sento scosso e qualcosa mi schiaccia lo stomaco
punto il tallone in alto e grido
LIBERTA’!!!
… di essere il migliore,
già, il mio destino è quello di voler essere il migliore
ma non avere la volontà di diventarlo.

Nicola Randone, alias Art, è Scrittore, musicista compositore, leader della band Randone con all'attivo 7 cd ed 1 dvd LIVE sotto edizione discografica Electromantic Music. Qui pone frammenti di vita, espressioni dell'anima, lamenti del cuore ed improbabili farneticazioni intellettuali.

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