Ci sono attimi precisi del mio quotidiano in cui la solitudine sembra sfondare ogni parete di quel finto positivismo tanto decantato, spesso oggetto di vanità, e fonte di cattive interpretazioni del mio reale sentire. Ah, avrei dovuto già capire quando lo difendevo a spada tratta: <<non toccatelo>>, urlavo, <<ho impegnato tanta fatica per renderlo così delicato al tatto>>. Questi sono momenti in cui vorrei parlare a qualcuno senza trovarmi a discutere del tempo che migliora o l’estate che ritorna, e mi scopro a chiedermi perchè non trovo il coraggio di chiedere semplicemente: questa sera mi sento infelice, vorrei parlarne.
Mi chiedo ancora perchè alla soglia dei 40 anni certe cose non siano cambiate: la voglia di volare con l’anima ben stretta al petto e nel cuore la partecipazione a tutto quello che la vita offre.
<<Osservatore, tra le quattro mura di questa casa come puoi pretendere di rivoluzionare la tua vita se non coltivi uno slancio>>, me lo ripeto allo specchio da qualche tempo ormai: ho mezza canzone nel cassetto, alcuni autentici scritti sul blog ed interessanti relazioni con altri umani ma… c’è quel ma che non cambia mai, non sapevo di che si trattasse a vent’anni, ho creduto di intuirlo a 30, solo qualche anno fa ho capito… ma non era illuminazione, è stata solo una delusione che come tuono e pioggia ha devastato il mio giardino <<non lasciando altro che qualche fiore vermiglio>>.
<<[…]Ecco, ho toccato ormai l’autunno delle idee, è ora di ricorrere al badile e al rastrello per rimettere a nuovo le terre inondate in cui l’acqua ha aperto buchi larghi come tombe.[…]>>, quell’oscuro Nemico di uno dei poeti che ho più amato nella mia giovinezza è qui con me, mi divora il cuore bevendone il sangue. Vorrei trovare un misero buco nel quale infilare la mano, per vedere se fuori fa così freddo, se è vero che di quelli che stanno al mondo ci si può fidare. Io credo di no, perchè ai più è stato insegnato di difendersi attaccando.
Fino ad ora quegli altri hanno solo rubato le stelle di stoffa che pazientemente mia madre mi cuciva da bambino, oramai non ne sono rimaste tante, e le custodisco gelosamente nel cassetto. Una volta le portavo in bella vista sul petto, all’altezza del cuore, ma di questi tempi non c’è da fidarsi, i Rivers sono in agguato sulle loro navi insaguinate ed aspettano di strapparti la pelle di dosso e stuprare il tuo cadavere.
<<Non importa ciò in cui credi, l’importante è credere>>, credere che la notte non è per sempre, che se il respiro si fa corto e senti arrivare un attacco di panico la valvola di sicurezza nel tuo cervello libera quella gioia immotivata che ti fa sorridere teneramente davanti all’oscuro Nemico, mentre egli ti guarda indispettito ricordandoti che tornerà l’indomani.
La mattina quando solo apro gli occhi, <<lontano dai sepolcri illustri il mio cuore, come un tamburo abbrunato, batte funebri marce verso un cimitero remoto>>, verso le tombe di tutti i miei decomposti amori che i vermi hanno mangiato di baci, nel ricordo delle ultime parole proferite dal mio secondo padre: la felicità è una freccia letale impregnata di valium, l’amore non è merce per vecchi, solo l’istante ti darà contezza del volo più appagante.
La solitudine è uno stato d’animo che ci portiamo dentro fin dal nostro primo respiro. Un qualcosa dal quale non possiamo separarci, perché nell’arco di un’intera vita, ma anche di una semplice giornata, ci sarà sempre un istante in cui ci ritroveremo soli. Soli con i nostri pensieri, con le nostre emozioni.
Ed è qui che sta la differenza. In fondo, “La solitudine è come una lente d’ingrandimento se sei solo e stai bene stai benissimo, se sei solo e stai male stai malissimo.” [Giacomo Leopardi]
A noi, restano solo due scelte: rimanere solitari a divorarci o gettarci nella mischia :)
ciao giamy… che ne dici invece di gettarci nella solitudine e divorare la mischia :)
iRonia a parte, grazie per il tuo affettuoso intervento
Un caro saluto ed un abbraccio