Quando sono arrivato in questa caserma avevo in odio qualsiasi tipo di istituzione militare, personalmente non ho mai creduto alla guerra, insomma in quello che può essere definito un omicidio legalizzato. Dietro il fasto della cerimonia cercavo di scorgere il mostro della guerra, lasciando per un attimo la problematica relativa al fatto che erano uomini che giuravano, mi è parso che nell’occasione non si giurasse fedeltà alla guerra, semmai ad un ideale legato alle istituzioni e alla libertà di ogni singolo appartenente alla nazione Italia. Ma non è forse il diritto alla vita la più grande libertà di un uomo, e non è forse tale diritto valido per ogni essere umano indipendentemente dalla nazione in cui è nato?! Un vero dilemma cui ho cercato di dare una soluzione ricorrendo all’ideale di libertà che propagandano i movimenti anarchici: ogni uomo non deve essere soggetto ad alcuna legge che non sia il suo codice morale che in automatico gli permette di esercitare la propria libertà nei limiti però della libertà altrui. Beh, in questo c’è una contraddizione di fondo, libertà in senso generale si dovrebbe intendere come possibilità di fare ciò che si vuole, e non invadere la libertà altrui è sicuramente un grosso limite per la propria libertà. D’altra parte, in senso più generale, portando ad esempio la competizione fra due individui, invadere la libertà dell’altro non significherebbe forse intralciare la scalata al successo di qualcuno che, essendo libero di esercitare la propria libertà di superarti, impedirebbe a te di salire al suo posto, e non è forse nell’istinto dell’uomo conquistare sempre nuove mete e quindi superare, nei possessi come negli affetti, la libertà altrui di fare la medesima cosa?! E se dal particolare scendiamo al generale in guerra non è forse uccidendo il nemico che esercitiamo la nostra libertà di vivere. Se come abbiamo dimostrato prima la libertà è un concetto troppo indefinito e generico perché lo si possa inquadrare in un ideale, il pacifista, condannando la guerra e proclamando la non violenza, non fa altro che ledere la sua stessa libertà di vivere, anzi, con la sua propaganda lede anche la libertà della gente che soccombe alla guerra. E allora mi chiedo se non debbano valutarsi attentamente delle eccezioni per le quali un uomo debba partire in guerra, ad esempio, valutare un atteggiamento ostile di una nazione nei confronti di un’altra e realizzare che l’intervento è una cosa giusta. Certo, prima di tutto bisogna opporsi violentemente alla guerra, ma quando ci si trova di fronte ad una battaglia già in atto, non credo serva rifiutarsi di aiutare le povere vittime di una delle fazioni opposte, le si aiuta solamente a consacrare ancora una volta il loro diritto alla vita. Pene severe allora a chi attacca per denaro o per semplice smania di dominio, ma pieno appoggio a chi deve difendersi. Il rispetto della vita umana andrebbe dunque a decadere nei confronti di chi per primo scaglia la pietra. Credo di avere dei concetti ancora troppo vaghi sull’argomento comunque, se devo essere sincero, mi pento un po’ di aver gridato “l’ho duro” al posto del “lo giuro” a Piazzale Armi.
13 Marzo 1994 (domenica) TARANTO ore 16:45
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