Relazioni di Salvezza

25 Ottobre 2004
3 minuti di lettura

di Giovanni Salonia

Sette situazioni esistenziali in cui sperimentiamo la salvezza donataci dall’altro

Premessa

Sembra quasi scontato affermare che la salvezza viene dall’altro. Sin dagli inizi della nostra storia ci sperimentiamo "salvati" dall’altro; lungo tutto l’arco dell’esistenza, poi, questa esperienza si rinnova in un’infinita molteplicità di modi. Tale affermazione – la salvezza dall’altro – diviene problematica se si apre fino ad includere "ogni" altro, anche il "lontano" sia in termini spaziali che mentali. A questo punto l’affermazione si trasforma in un interrogativo suggestivo: quale "altro" mi salva?

Sette livelli

Per procedere con ordine delineiamo un itinerario che si scandisce in sette punti per descrivere sette tipologie di altri che ci donano differenti livelli di salvezza.

1. L’altro che ci dona la vita e che si prende cura di noi. Si tratta di un dono originario. Gli inizi non ci appartengono. C’è un altro, verso cui abbiamo un debito esistenziale: ci ha donato l’inizio, o meglio gli inizi, includendo quelle tante situazioni in cui siamo nati ad appartenenze, a sensibilità nuove.

2. Mi salva l’altro che mi "conferma". Solo dopo l’esclamazione estatica di Adamo, Eva sa di essere bella; solo di fronte ad Eva, Adamo sa di essere maschio. L’altro mi rimanda la mia immagine, altrimenti invisibile o indefinita a me stesso. Di fronte ad un tu mi riconosco: scopro il mio io. E poiché provengo da un’appartenenza solo quando mi sento visto dall’altro mi sento confermato nell’essere presenza-nel-mondo (conferma esistenziale).

3. La salvezza viene dall’amore: l’altro che amo e (l’altro) da cui mi sento amato. Il volto dell’altro – direbbe Lévinas – diventa e provoca l’esodo da noi stessi, ci fa lasciare l’Egitto e ci introduce nella Terra Promessa. L’amore ci fa sperimentare l’"essere salvati".Per dirla con un poeta maledetto, se l’amore è un cane che viene da un lungo inverno, solo un calore che ci accoglie e ci contiene ci fa sentire salvati dall’essere-gettati-nel-mondo. Solo quando nel nostro cuore fiorisce l’amore sappiamo che "Dio esiste", ci svegliamo (la "nepsis" degli orientali) alla musica della vita. Dorme Adamo prima di essere svegliato – salvato – dal corpo di Eva.

4. Mi salva l’altro cui mi affido e mi consegno. Fin quando sono centrato su di me e riesco a controllare tutto e tutti, non ho sperimentato la salvezza. Solo quando riesco a consegnarmi all’altro senza aspettare o pretendere che sia come io lo voglio, so cosa significa essere salvati dall’ombra dell’egocentrismo e dell’autoaffermazione.

5. Mi salva l’altro quando mi rimanda al mio limite. Non solo se con i suoi doni segna il perimetro, sempre troppo ristretto, delle mie qualità. Ma molto più quando, diventato significativo, apre lo scrigno della mia vulnerabilità: mi mette in ginocchio e sperimento le meschinità, le paure, le ossessività, le furie che sono l’ombra del mio cuore. Solo così l’altro mi salva dall’illusione di una perfezione senza vita e da un delirio di autosufficienza. In questa prospettiva, il conflitto relazionale non viene vissuto come escalation di accuse reciproche ma come luogo privilegiato di epifania, dove l’altro rivela me a me stesso.

6. L’altro, a me lontano, mi salva nella misura in cui mi apre la porta di conoscenze a me ignote. Diceva C.G. Jung che il viaggio in oriente è segno del viaggio nel "nostro" oriente, nella parte più lontana dalla nostra consapevolezza. Dirà in modo scultoreo H.G. Gadamer: "L’altro-da-me è l’altro-di-me". L’altro fuori-casa, lungo la strada, ha il fascino dell’ignoto, del sogno che conserviamo nel cuore. Il lontano, guardato con interesse, ci salva.

7. Infine, ci chiediamo se può portarci salvezza l’altro che per noi è "dannazione". Può venirci la salvezza dall’altro che non ci interessa, che è infedele, che mi inquieta? Dare il proprio interesse all’altro "non-interessante" è l’inizio della sapienza. Se è vero che sono umano e niente di ciò che è umano mi è alieno, allora ogni volta che dichiaro insignificante un "altro" opero una selezione narcisistica che impoverisce me e la convivenza umana. Scoprire la musica nascosta di ogni essere vivente, anche di colui che, nella casa o nella città, viene dichiarato marginale farà sgorgare dal nostro cuore melodie divine nascoste e inaccessibili nelle altre relazioni. L’altro infedele mi salva dalla presunzione della mia fede. Il credente salva l’ateo e l’ateo salva il credente, perché ateo e credente sono presenti in ogni cuore; e solo il cuore che li ascolta entrambi senza paura conoscerà l’umiltà che è garanzia di una risposta genuina alle domande di senso. La salvezza, infine, è nascosta, e va cercata, anche nell’altro che mi inquieta. Chi distrugge le mie certezze, le mie costruzioni ("se non ci fosse lui o lei!"), le mie "malcelate verità" (M. Luzi) mi rimanda alla salvezza nascosta nelle mie ferite. L’altro che mi scardina apre la soglia… "Altro è sempre oltre". Francesco salva il lebbroso ma il lebbroso salva Francesco. Scoprirlo è la salvezza.

Post scriptum

A questo punto possiamo svelare il segreto: forse non è l’altro che mi salva ma la relazione che invento con lui. La salvezza è nella e dalla relazione. Ma questo è un altro discorso. O meglio, questa è la prospettiva che bussa alla porta per aprire i nodi e fecondare i germi delle antropologie e delle teologie dell’alterità, ormai giunte a saturazione.

Nicola Randone, alias Art, è Scrittore, musicista compositore, leader della band Randone con all'attivo 7 cd ed 1 dvd LIVE sotto edizione discografica Electromantic Music. Qui pone frammenti di vita, espressioni dell'anima, lamenti del cuore ed improbabili farneticazioni intellettuali.

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