Un simpatico carabiniere della stazione di Piazza Dante ci ha detto: inutile pensare ai se, ai come e darsi tutte le colpe del caso, erano belle, valevano, e se le sono prese, l’avrebbero fatto comunque presto o tardi. In effetti, sia io che Veronica, da principio non abbiamo fatto altro che dire: se fossi sceso a prendere le sigarette, se avessimo fatto il giro in bici che avevo proposto, se questi maledetti ladri di biciclette fossero in galera anzichè a piede libero. Insomma, fatto sta che tra le 18 e le 18: 30, ignoti hanno liberato dalle loro grosse catene che le assicuravano alla ringhiera della scala, nel nostro pianerottolo, la mia gloriosa Bianchi, compagna instancabile lungo il mio cammino per Santiago, e l’Atala di Veronica che l’estate scorsa ha battuto le strade e i marciapiedi di mezza Europa.
Adesso, al di là della frustrazione che si prova quando ti portano via qualcosa che ha un valore, non solo economico, la cosa che piega di più è che a rimetterci in questa stupida guerra dei poveri sono sempre le persone che lo meritano meno. E pensi, ma che vadano a rubare agli assessori, ai politici in genere almeno per ricambiargli il favore anziché privare noi delle poche cose (e sottolineo cose) che ci appartengono.
Forse le troveremo, probabilmente no, quello che posso fare adesso, in tutta serenità, è solo augurare a questi ladri di biciclette di spendere in medicine il frutto del loro atto.
Chiudo!