E’ sempre stata mia consuetudine, dopo ogni Cammino (parlo del mio battesimo sul francese nel 2008 e della Ruta Norte nel 2012), raccogliere in un post sul blog elementi utili a testimoniare l’esperienza anche allo scopo di affrontare meglio, con la dolcezza della rievocazione, il ritorno alla quotidianità.
Quest’oggi, a distanza di più di un mese dal mio ritorno, devo fare i conti con una seccante indolenza appena accennatasi due anni fa dopo il Cammino del Nord (i più attenti avranno notato che il diario di viaggio è ancora incompleto). I miei buoni amici, abili a trovare del buono in ogni cosa, tentano di rincuorarmi ricordandomi che Ultreia è già una prova di quanto stia ancora vivendo la mia passione per la musica con entusiasmo, per non parlare dei video, degli articoli, di tutti i progetti che porto avanti ma… io so com’ero un tempo e so che quello che faccio è solo un cazzeggiare utile giusto a non apparire a me stesso come un vecchio stanco… il resto lo faccio sguazzando in un sentimento solipsistico fra patetico e aggressivo (termine che in passato usavo eufemisticamente) condito da apatia misantropa auto-compiacente finalizzato a permettermi qualche piacere.
Da bravo pellegrino ho trovato nel camminare una buona occasione per riflettere sui mali che mi assillano nel mondo “reale”, quindi ho avuto modo di scoprire buona parte delle cause della mia apatia – in fondo ancor prima di atterrare a Catania sapevo che, come un malato, mi sarei rinchiuso nella tana fuggendo il prossimo quanto possibile.
Prima di proseguire mi concedo una breve premessa: al ritorno dalla Ruta Norte avevo già sperimentato come fosse difficile vivere la quotidianità con la medesima energia che mi accompagnava sulla Via; a parte un vago sentimento di serenità (del quale da bravo umano asservito al desiderio non mi accontento) non ho trovato ragioni sufficienti per essere contento di condividere il pianeta coi miei simili nè mi è capitato di riuscire a traslare, nel mondo “vero”, la capacità di superare le difficoltà con la sola volontà… in sostanza, a differenza di quello che accade sulla Via, ho capito che in questo mondo “nuovo” vanno forte i complottisti e non i costruttori di mondi, proliferano i multi-talenti a dispetto di chi si sforza di plasmare nel creato un disegno personale, quindi se impegni tutte le tue energie in un progetto, può anche succedere che non funzioni anche credendoci fortemente e mettendocela tutta perchè il destinatario della tua visione è pur sempre il tuo prossimo… a meno di non fare quello che se la canta e se la suona da solo.
Se c’è una cosa che ho imparato sul Cammino è che lì stai bene perchè anzitutto la strada è segnata, poi perchè ci sono i pellegrini.
I pellegrini sono, esteriormente, umani come gli altri, la differenza sta nel fatto che ognuno ha il suo bellissimo e personale mondo e, insieme a questo, la voglia di condividerlo e la curiosità di scoprire persino il tuo, se così non fosse non potrebbe definirsi tale nè stare dove sta.
Imprigionate dal cemento ed abbagliate dalle luci le persone del mondo “vero” sono spesso egoiste, egocentriche e a volte persino cattive, poi ci sono gli “illuminati” che spendono la vita in assurde battaglie per la divulgazione di grandi verità: scie chimiche, complotti sionisti, torri gemelle, se siamo andati o no sulla luna e via discorrendo… a quelli proprio non frega nulla di guardare dentro i mondi altrui, a meno che non vi trovino le stesse identiche cose che sono già nel loro mondo. Paradossalmente sono nel gregge come tutti gli altri, anche se non se ne rendono conto.
Coi pellegrini si discute spesso di cose semplici, di come camminando sotto il sole nella via che porta a Hontanas si possano sperimentare visioni alla Hoffmann; si ascoltano storie vere come quella di Emanuele e Rossana che si sono conosciuti sul Cammino e lo rifanno come viaggio di nozze, di Alfio – l’uomo rappezzato – che ringrazia Dio d’essere ancora al mondo, di Emanuele che dal dolore ha tratto la sua forza, del coreano scalzo convinto di portare sulle spalle i peccati del mondo intero; si sta in buona compagnia di giocherelloni come Alvaro e Tosè, si incontrano amici veri come Josetxo ed in genere persone con nel cuore meraviglia e curiosità; a questo si aggiunga la solidarietà tra viandanti che si traduce in qualcosa di totalmente sconosciuto agli individui del mondo “vero” dove ci si allontana e si guarda con diffidenza chi ha palesemente bisogno d’aiuto per paura di rimetterci qualcosa… a proposito, ci tengo a dirvi che mi disgusta assistere a quell’odio xenofobo forte dell’adesione ad una certa massa ignorante da parte di quelle stesse persone che, vent’anni fa, col pugno in alto tifavano per la dignità del “fratello nero”… spiacente per chi tra quelli che conosco si riconosce nella descrizione.
Ad ogni modo la vigliaccata di schierarsi contro le minoranze è tipico di tutte le civiltà, anche di quelle che si credono più evolute… inutile farsene un problema, inutile cercare di cambiare la testa di certa gente… come i complottisti anche gli xenofobi mascherati da grandi stagisti amano quello in cui credono sennò dovrebbero sforzarci le poche cervella che gli rimangono per creare qualcosa di nuovo e per di più originale.
Allora… con questo vorrei chiudere l’aspetto legato al profondo fastidio che nutro nei confronti del prossimo inteso come massa ignorante, ben consapevole che non ci si può fare niente ed anche incazzarsi lascia il tempo che trova visto che, in un mondo dove tutti si lamentano, figurati chi si caca un altro sfigato in più. Una cosa che mi da da pensare è che sul Cammino mi viene facile tollerare le cazzate altrui: anche quello non è certo un mondo perfetto, qualche stronzo che ti frega qualche soldo approfittando della tua condizione lo trovi spesso e volentieri, ma lì non ti importa se ci sono gli stronzi perchè allo stesso tempo senti di avere troppe cose per cui stare bene. Da questo ne consegue una facile deduzione e cioè che attorno a noi ci sono cose buone e cose meno buone e la capacità o meno di accettare gli aspetti negativi della nostra vita è basata sulla propria auto-soddisfazione.
Non c’è dubbio che sul Cammino io mi piaccia! Non mi sento mai inadeguato, gestisco le relazioni senza insicurezze e di conseguenza accetto anche qualche ostacolo imprevisto. Quando torno a casa invece tutto cambia, probabilmente mi manca l’abitudine di salutare tutti quelli che incontro senza essere preso per pazzo, ma soprattutto credo che mi manchi alzarmi la mattina e sentire di avere uno scopo, camminare e rendermi quanto più utile possibile per scoprire, a fine giornata, che la doccia calda ed il quarto d’ora successivo sul materasso sono uno dei doni più preziosi che la vita mi sta regalando…. invece qui mi alzo e trovo Facebook, quel maledetto concentrato di umanità paranoica dove quanto più la notizia è distorta ed inquietante, tanto più ha successo… ma… tutto questo… potrei anche tollerarlo, se solo avessi anche qui uno scopo.
Cosa vale oggi in termini di attenzione un pensiero che sfora i 255 caratteri. Cosa conta un articolo che ti ha impegnato due settimane a scriverlo quando, nello stesso tempo, avresti dovuto pubblicare almeno 150 stati di Facebook. Il mio scopo è forse quello di continuare a cantarmela e suonarmela da solo? Forse!! Probabilmente non riesco a lasciar morire i miei sogni… li tengo lì, agonizzanti, ma non li lascio andare, e non lo farò a meno prima d’esser morto anch’io… e allora perdonatemi ma io vado avanti, come la mia bellissima compagna sul Cammino che nonostante il dolore ai tendini, le vesciche, la diarrea del pellegrino e così via si ripeteva “sono la più forte” e stringendo i denti, col mascellone in fuori, guai a chi le diceva: prendi l’autobus :=)