Mi sono sempre piaciute le favole… peccato che il lieto fine non sia mai stato la mia specialità, ed evidentemente anche Nicola Randone deve avere lo stesso problema, visto che le nove tracce di questo suo album d’esordio uniscono ad un’atmosfera fiabesca una grande amarezza di fondo che non risparmia nessuno dei personaggi che popolano le sue canzoni.
Nove tracce molto eterogenee, che spaziano da un progressive d’atmosfera vicino ai brani più eterei del Banco Del Mutuo Soccorso come "Visioni", a momenti cantautoriali con tanto di chitarra acustica in evidenza come l’ottima "Tutte le mie stelle"; da ballate rock che richiamano i Nomadi dei tempi migliori come "Un cieco" alle ritmiche contaminate di raggae di "Il pentimento di Dio"; Dagli assoli di chitarra della title-track che richiamano le origini prog di Randone fino a brani come "Amore bianco" che si lasciano influenzare dalle atmosfere de Le Orme.
Insomma, dovendo sintetizzare il tutto in poche parole, lo potremmo definire come un cantautore che ha nel proprio background una buona dose del lato più italiano del progressive dei ’70, come si può intuire dagli arrangiamenti sempre molto curati e spesso complessi.
Grandissima la cura per i testi da cui si intuisce un’ispirazione molto spontanea che porta, come dicevamo in apertura, Nicola ad esprimersi in modo fiabesco ma al tempo stesso amaro, con qualche piccola concessione alla retorica, una piacevole semplicità nell’uso delle parole ed una grande eterogeneità negli argomenti trattati che passano da riflessioni sulla vita ("Visioni", "Un cieco") o la religione ("Il pentimento di Dio") a momenti molto intimisti ("Tutte le mie stelle" e "L’infinito") o ricordi storici ("La giostra"), fino alla triade finale ("Strananoia", "Amore biaco" e "Morte di un amore") che vuole rappresentare un piccolo concept sulle varie morti, più o meno esplicite, dell’amore.
Estremamente ricercate le interpretazioni vocali, che tendono ad apparire come un misto fra Francesco Di Giacomo (storica voce del Banco) ed Augusto Daolio prendendo il lirismo del primo e le abilità interpretative del secondo.
Senza dubbio un ottimo esordio, con un lavoro curatissimo in cui nemmeno i dettagli sono lasciati al caso; per questo, se proprio vogliamo trovare un difetto a questo album, è proprio la cura eccessiva di alcune parti (specie in alcuni arrangiamenti o in alcune interpretazioni) che a volte va un po’ a discapito dell’istintività però, considerando che si tratta di un esordio a cui l’artista siciliano ha lavorato a lungo, la cosa è anche comprensibile e, d’altro canto, c’è da dire che il risultato finale resiste benissimo al susseguirsi degli ascolti facendosi apprezzare sempre più.
Nelle scheda di presentazione dell’album, Nicola Radone conclude dicendo che "sicuramente è stato il primo e non sarà l’ultimo" e a questo punto non possiamo che augurarci anche noi che non sia l’ultimo.