I camminanti iblei (Free Time n° 49)

27 Settembre 2015
10 minuti di lettura

Sono 25 i soci dell’associazione Quattropassincompagnia che da anni a Ragusa scopre, studia, traccia tragitti inesplorati preparando percorsi che li impegnano anche per più settimane. Tra i soci fondatori Fabio Dibenedetto e Nicola Randone, reduce dalla quarta esperienza sul Cammino di Santiago. Un gruppo di camminanti ben organizzato che nel tempo libero fa pace con la natura, scoprendo e percorrendo trazzere e strade sconosciute ai più. Una voglia che nasce da dentro, che ha bisogno di molto allenamento e resistenza per essere nelle condizioni di poter sostenere la fatica, ma anche di concentrazione e forza di volontà per raggiungere la meta in vista poi di un altro viaggio che comincerà.

La natura è un tempio ove pilastri viventi lasciano sfuggire a tratti confuse parole” scriveva Charles Baudelaire, quale il rapporto che lega l’associazione Quattropassincompagnia con il territorio, vissuto sicuramente da un’altra prospettiva?

Fabio: E’ un rapporto molto intenso. Abbiamo avviato una esperienza che riteniamo speciale sulla scorta delle avventure che associazioni analoghe avevano attivato in altri ambiti locali. Noi ci siamo dati da fare per calarla sul territorio. E i riscontri sono stati molto interessanti. Anche perché stiamo pensando alla creazione di un cammino che, sulla falsa riga di quelli molto più famosi e realizzati, ad esempio, in Spagna, possa collegare alcuni centri della nostra provincia. L’idea, in particolare, è quella di garantire un percorso tra Scicli, Modica e Ragusa. Includendo, forse, anche Comiso. Sì, è proprio vero: il territorio, in questo modo, sarebbe visto da un’altra angolazione che non è quella solita.
Nicola: Il pezzo che citi dal Baudelaire dei Fiori del male, forse l’opera che da giovane preferivo sopra le altre, mi ha subito ricordato le suggestioni ricavate dal mio cammino verso Finisterre, la parte finale del percorso Jacobeo nella quale la natura gioca un ruolo talmente prepotente da mettere in discussione le credenze religiose tradizionali (ed è per questa ragione credo che la cattedrale fa coincidere, nella credenziale del pellegrino, la fine del pellegrinaggio con l’arrivo a Santiago). Quando sei circondato dagli alberi che danzano al vento, ti sembra che il suono delle foglie ti stia sussurrando un segreto profondo; in un primo momento hai quasi paura a lasciarti andare, poi scopri che l’appartenenza al creato (o alla natura) è sicuramente la cosa più vera che esista e non c’è mai stato bisogno che qualcuno ce lo insegnasse a differenza di tutto il resto. Per questa ragione credo che alcuni tra noi sentano così forte la voglia di mettersi in cammino lontani dalle città perché per quanto la cosa possa spaventare, vista la mancanza delle comodità, è da lì che tutti proveniamo.

 

Da dove nasce la voglia di camminare, scoprire, arrampicarsi, dirigersi, e scoprire sentieri sconosciuti ai più?

Fabio: Il cammino è una pratica risalente. Pensiamo ai pellegrini del Medioevo. Pensiamo a chi, in un anelito di fede, copriva migliaia di chilometri pur di raggiungere un santuario per espiare le proprie colpe. Con il trascorrere dei secoli, naturalmente, tutto ciò si è evoluto. Ma lo spirito, in fondo, è rimasto sempre lo stesso: cercare di scommettersi e di integrarsi in un contesto naturale di cui oggi si sente sempre più il bisogno. E quando parliamo di natura intendiamo la madre terra, da tutti noi sempre più martoriata, che ha bisogno di riacquistare il proprio equilibrio. In questo senso noi forniamo il nostro piccolo contributo. Ma è questo sentirci tutti parte dell’Uno che rende la nostra esperienza ancora più coinvolgente. Il camminare, l’arrampicarsi, la scoperta di sentieri sconosciuti danno un senso a quest’avventura che è prima di tutto mentale e poi fisica.
Nicola: Sul Cammino di Santiago che ho percorso per 4 volte ho avuto modo di comprendere uno dei principali assilli che esasperano la mia vita e cioè il bisogno di credere fortemente che il mondo sia qualcosa di diverso da una dimensione regolata da “condicio sine qua non” e cioè dal determinismo cui ci abitua un modo di pensare troppo materialista. In una parola la mia voglia di camminare nasce dal bisogno di continuare a credere che la magia non sia scomparsa dal mondo e che in una Via c’è ancora gente che puoi abbracciare solo perché ti ha sorriso, che stando ad osservare il corso di un fiume questi possa insegnarti a vivere il presente, che nel silenzio di un ermita sperduto tra i boschi persino Dio possa giungere a salutarti.

 Al di là dell’aspetto sportivo insito in ciò che fate, quale la chiave antropologica che vi sprona a fare sempre di più?

Fabio: Rimanere da soli, contemplare il creato, la bellezza della natura, interrogarsi su ciò che siamo, da dove veniamo. Ecco, le grandi domande assumono un significato particolare. A queste, poi, si cerca di rispondere. Anche, e soprattutto, quando si incontra lungo il percorso qualche altro camminatore e si ha la possibilità, assieme a lui, di scambiare le proprie esperienze. Si creano vincoli molto forti, indissolubili. Perché sai che è una persona che, come te, ha scelto di compiere un determinato percorso. E non parliamo soltanto di quello fisico, naturalmente.
Nicola: Per me l’aspetto sportivo conta ben poco, al contrario sono sempre stato un camminatore indisciplinato, male attrezzato ed incapace di pianificare con cura ogni singola giornata. Sul Cammino mi è successo diverse volte di stabilire la tappa ad un dato “pueblo” e di andare poi oltre, persino quando il giorno volgeva ormai al termine. La molla che mi spingeva? Probabilmente il desiderio di non fermarmi, di andare avanti… solo questo, nessuna sfida con me stesso, nessun particolare obiettivo… la prima volta temevo di non farcela, a volte mi sono trovato anche zuppo fradicio in mezzo ad un bosco ripetendo a me stesso che ero un incosciente e che sarei morto… ed invece arrivavo a destinazione, sicuramente tardi, sicuramente malconcio… ma arrivavo. Questa esperienza mi ha insegnato che molto spesso i limiti che ci poniamo sono solo mentali.

In tutto i soci sono 25, pochi per scelta, che vuol dire?

Fabio: Chi vuole fare parte della nostra associazione, lo fa per una scelta consapevole. Ci sono da affrontare determinati percorsi di crescita. E non a tutti sta bene. Facciamo sport, è vero, ma facciamo anche qualcosa che travalica la pratica sportiva. Noi lo mettiamo ben chiaro. E chi ci sta aderisce. Gli altri no. Non abbiamo, è ovvio, preclusioni nei confronti di chicchessia. Ma vogliamo un supporto anche mentale per raggiungere determinati obiettivi.

Quale il percorso più entusiasmante compiuto nel territorio ibleo e quale quello siciliano?

Fabio: In Sicilia ce ne sono molti. E tutti particolarmente belli. Da quelli nelle isole Pelagie, Eolie e Pantelleria, agli altri che interessano più da vicino catene montuose come gli Erei. Ma diremmo che avvicinarsi all’Etna e all’Alcantara ha sempre un fascino molto speciale. Si scoprono suggestioni fantastiche che non sempre è possibile scoprire altrove. Così come ricco di stimoli è il cammino che da Ibla conduce a Palazzolo Acreide attraverso la riscoperta dei sentieri delle regie trazzere. Un percorso da riscoprire. Soprattutto per chi non ha mai avuto modo di compierlo.
Nicola: In Sicilia, a parte le camminate citate da Fabio, ho percorso il Cammino di San Felice che da Tusa arriva a Nicosia e che fa parte di un interessante progetto chiamato le Vie Sacre. Forse è quello che mi è rimasto maggiormente dentro perché legato all’esperienza di vita di un Santo: pensate che ci siamo portati dietro anche uno “scecco” come tradizione voleva.

Quando la stanchezza sopraggiunge e viene quasi d’istinto gettare la spugna, come superare il momento?

Fabio: Dicevamo prima che la preparazione a un cammino avviene anche mentalmente, oseremmo dire spiritualmente. E’ facile che la stanchezza possa prendere il sopravvento ma in quel caso si fa affidamento a tutte le risorse motivazionali che ci hanno spinto a cimentarci in quella prova. Ogni sforzo fisico, quando è eccessivo, spinge il corpo a reagire in un determinato modo, a bloccare tutto. Ma, per quanto ci riguarda, cerchiamo innanzitutto di dosare le forze, dopo una buona preparazione. E poi ci prepariamo a stare al meglio con noi stesso per affrontare le mille difficoltà che, durante un tragitto, soprattutto se lungo, possono insorgere.
Nicola: Molte volte sulla Via di Santiago mi sono sentito perdere d’animo: quando il sole picchiava così forte da farti sentire male o quando non smetteva più di piovere e tu, sotto il poncho, eri più bagnato della terra che calpestavi. In alcuni momenti riuscire a vedersi dall’esterno e provare tenerezza per quell’uomo che insiste a spingersi sempre più avanti mi bastava a trovare la forza, in altri momenti non avevo altra scelta o continuavo o chiamavo qualcuno perchè mi venisse a prendere (sempre che fossi riuscito a spiegargli dove fossi), in altri (sfortunatamente più rari) il pensiero di essere assistito da una forza più grande di me era più che sufficiente per andare avanti.

Il cammino di Santiago è tra i più famosi al mondo, in tanti sostengono che si tratta di un’esperienza unica e da ripetere. Quale la forza che è riuscito a trasfondere a chi di voi l’ha percorso?

Fabio: Non ci sono parole per descrivere la magia che si riesce ad instaurare in una occasione del genere. Ma, del resto, si arriva al cammino di Santiago dopo un percorso di crescita. Dopo avere effettuato i cammini locali e qualche itinerario nazionale, ci si misura con quella che, a tutti gli effetti, si può definire una esperienza spirituale. Chi di noi ha avuto modo di compierlo, si è reso conto delle numerose variabili di cui bisogna tenere conto. E, però, passo dopo passo, chilometro dopo chilometro, se ne arrivano a compiere centinaia e centinaia sino a raggiungere la meta. La forza del cammino la si acquisisce durante, proprio in quell’itinerario che sembra interminabile. Quando arrivi sei riuscito ad elevare la tua anima al cielo, a compiere una impresa che, a tutta prima, sembrava impossibile.
Nicola: La prima volta che l’ho percorso il Cammino mi ha cambiato radicalmente, e lo sanno tutte le persone che mi sono care: sono diventato vegetariano, ho imparato ad affrontare i problemi con una calma che non mi è mai appartenuta, ho anche imparato ad accettare le cose che non potevo cambiare senza disperare, e con buone probabilità non avrei raggiunto i 43 anni con tutti i capelli sulla testa se non mi fossi imbattuto nella via Lattea 7 anni or sono. La seconda volta mi ha insegnato che se volevo spingermi oltre quelli che consideravo i miei limiti, potevo farlo senza paura: avrei tanto voluto portarmi dietro questa conquista nella quotidianità ma se c’è una cosa che è davvero difficile da sradicare in un uomo è il terrore di cambiare le proprie abitudini. La terza volta mi ha insegnato che se cammini con una persona amata, costei diventa parte di te e non un limite che ti impedisce di raggiungere i tuoi obiettivi. Quest’ultima volta sto ancora elaborandola…

Quale il fascino di scoprire nuovi percorsi, attraversare lunghi tratti impervi per lo più, vivere il silenzio in compagnia e alcune volte viceversa?

Fabio: Le suggestioni che possono arrivare da posti che non si è mai avuto modo di visitare sono innumerevoli. A molti di noi è capitato di rimanere a bocca aperta. Ci sono luoghi, anche dalle nostre parti, che lasciano senza parole e che, però, nessuno di noi aveva mai visto in precedenza perché sono raggiungibili soltanto a piedi. Ecco perché speriamo di intensificare la presenza di camminatori sul territorio anche della nostra provincia. Perché vuol dire fare crescere lo stare bene con se stessi.
Nicola: Essere affascinati da ciò che è nuovo è probabilmente una delle prerogative dell’essere umani. Quando si è giovani, andare alla ricerca di nuove esperienza è quasi una necessità, quando si superano i quaranta invece c’è bisogno di sforzarsi un po’ perché se c’è una cosa che caratterizza l’età che avanza è l’avanzare della rigidità mentale alimentata ahimè da modelli di vita sedentari senza entusiasmi. Io sono felice di riuscire ancora ad entusiasmarmi davanti ad un paesaggio campestre o ad una chiesetta portoghese con gli azulejos … e se c’è una cosa che mi rende ancora più felice è il sapere che continuerò a farlo condividendo quella gioia con un pellegrino appena conosciuto o nel totale silenzio del mio cuore.

Quanto è importante il raggiungimento della meta?

Fabio: Dicevamo prima che non è tanto la meta quello che è fondamentale quando trovarsi in mezzo, compiere l’itinerario, riuscire, giorno dopo giorno, a realizzare il cammino. E’ naturale che arrivare in fondo è per ciascuno di noi un obiettivo importante ma non è quello primario. E’ essenziale animare il cammino, possedere le motivazioni giuste che ti spingano ad intraprenderlo. Se c’è questo, c’è molto e forse anche tutto.
Nicola: La meta è ciò che anima di valore l’esperienza di un Cammino… è chiaro che una cosa è farsi una passeggiata in una cava, un’altra è partire con l’obiettivo di raggiungere un luogo più distante e possibilmente carico di significato spirituale; come dice Fabio però il vero divertimento non sta nel raggiungimento dell’obiettivo ma nella strada che ti ci porta, ed ancora una volta la strada fa scuola di vita.

Alla fine di un percorso, quale il sentimento che emerge?

Fabio: In primo luogo una soddisfazione interiore, difficile da spiegare. E’ come l’essere riuscito a realizzare un qualcosa che desideravi da tutta una vita mentre sei già pronto a intraprendere un altro cammino. E poi il fatto che non tutti i tuoi sforzi sono stati vani. L’avvicinamento alla meta è già di per sé la meta stessa.
Nicola: Sicuramente farò caso a parte perché in un dato percorso, il raggiungimento della meta non mi ha mai emozionato quanto altri momenti (anche piccoli) vissuti sulla strada, al contrario mi sono spesso sentito spaesato, confuso, quasi arrabbiato d’essere arrivato, probabilmente perché la magia era finita, ancora più realisticamente perché dovevo tornare al teatrino di tutti i giorni.

Come si studiano i tragitti da compiere?

Fabio: In vari modi. Ormai con le nuove tecnologie è abbastanza semplice apprendere tutti i segreti dei vari percorsi, anche quelli più difficili. Però ci rendiamo conto che lo scambio di esperienze, tra chi ha effettuato un cammino e chi invece lo vuole praticare per la prima volta, è un elemento da non sottovalutare. Ci sono molti aspetti che on line non si trovano e che soltanto chi ha vissuto quella esperienza toccandola con mano può trasmettere agli altri. E’ una sorta di tradizione che passa di bocca in bocca. E se si pensa che ciò accade da secoli, si ha l’esatta dimensione di quanto corposo possa essere questo materiale.

Nicola: Credo che la cosa sia molto soggettiva. A me piace molto improvvisare, un giorno fare 40km perché mi va di camminare e un altro farne 15 perché voglio fermarmi in un particolare albergue o perché c’è un gruppo di persone divertenti che è bello conoscere. A volte ho preso la Via molto seriamente, superando anche il bisogno “fisico” di fermarmi, perché volevo raggiungere un obiettivo; altre invece mi sono divertito a passeggiare per i boschi fermandomi per ore a guardare i fiori come un insetto affascinato dai colori che vorrebbe solo tuffarcisi dentro e nuotare nel loro polline.

I camminanti Iblei – Free Time 49 – Scarica PDF dell’articolo.

Nicola Randone, alias Art, è Scrittore, musicista compositore, leader della band Randone con all'attivo 7 cd ed 1 dvd LIVE sotto edizione discografica Electromantic Music. Qui pone frammenti di vita, espressioni dell'anima, lamenti del cuore ed improbabili farneticazioni intellettuali.

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