Mi accingo a stampare parole strappate alla pece
quando i piedi sono stanchi di pestare la sabbia
e la voce ha sopportato troppo a lungo le inutili risposte
della lumaca
ho respirato, alzato le spalle
trattenuto a lungo il mio ardore
per sciogliermi al calore di una falsa rivelazione
sette giorni, l’alba dei forti
annunciata dai balli forsennati di culture antiche:
il vomito nei barili di rovere
è venduto come vino pregiato
quasi quanto il sangue di cristo nei depositi d’ambrosia
ah, il tempo fugge
devo correr dietro alla donna delle arti
perch’ella saprà far di me
un principe caduto
battendo un DO ed il MI sul glockenspiel
ed arpeggiando un LA minore sulle parti più basse dell’hammond
insistendo freneticamente
in alto ed in basso
sulle povere asticelle dei registri
sputando rane gialle ed ingoiando ramarri dorati
mentre la terra trema ed il geco disegna sul muro
il tuo nome: A..
Saprò darti follia e dolcezza
regina delle costruzioni future
ed al servizio della tua ispirazione
disegnerò dolci melodie con il liuto
vomitando sul tappeto le dissonanze del passato
ed abbracciando il sorcio prima che, su di lui, cali la ghigliottina delle regole d’igiene
Vorrei offrirti
un sorso d’acqua
ma hai lasciato che il saggio ti portasse con sè
e mi abbraccio da solo
nel ricordo del tuo profumo
delle labbra morbide
e del fiume di fiele che mi ha riempito la bile
scostante, imprevedibile, lontana
meravigliosa forma d’acciaio
palestra delle mie nuove emozioni
infine saprò scegliere, piuttosto ch’esser preda