Un riflesso sanguigno sfiora lievemente
i riflessi neri e nocciola dell’abisso
mentre carene danzano lente la loro immobilità.
Sulla riva sono gusci vuoti, aridi, secchi,
il sole e la salsedine li spaccano,
fino a sbriciolarle, nella luce, come sabbia.
Ora però è diverso,
il ceruleo stagno del cielo si è tuffato nella vampata
avida, del sole morente,
lo zaffiro marino lo segue
e scompare,
con lui, in un boato
cui segue la sera nero-petrolio.
Ora evanescenti navicelle dagli argentei riflessi
non ci incanteranno le vostre nenie ammalianti,
non vi seguiremo nell’antro oscuro
sul cui uscio ballate l’oblio.
Giannantonio Di Giacomo