Alte e lontane stelle
prendetemi un tozzo di pane
e lasciate al vostro nucleo
il permesso d’implodere
è così che sentirete
il vagito acido di un vertebrato umanoide
appisolato sulle mura di babilonia
ad assistere i baldi bambini
nella corsa alle armi
è così che penserete
a quanto crudele e meraviglioso
sia l’esser piccoli
ed il conoscersi
lottare per la conquista
dormire sui propri averi
per poi piangerne le perdite
piccoli, grigi e concentrici
pericolanti cellule di materia senziente avvolte in un cellofan di sangue
esseri grondanti carne di altri esseri
grassi da far spavento, magri da far pena
isole separate dal mare della solitudine
corpi dragati dal fiume del caso, grondanti acqua
la vita
una poesia senza fine
incerta sul divenire
marchiata a fuoco con l’istinto di respirare
e poi di cercare, di conoscere
di sentire la gioia, il dolore
il vento che soffia sulla faccia
il calore di un corpo che contiene l’altra tua metà
il bene dell’universo
la mia anima, la tua anima
le vostre,
luci senza volto,
sgombre dalla cattiveria
mi passano accanto
mentre il viso stanco di un’amica
accompagna quest’uomo
sull’uscio della sua strada
quando un giullare dall’aria stralunata
si confonde nella sua risata divertita
e tu, uomo, sei ancora sulla strada
hai corso, e poi strisciato
hai preso la via del bosco
ed alla fine sei ritornato
tu, raccogli quel gomitolo di seta rossa
legane un’estremità alla mia vita
e poi porta l’altra parte
dove lo sguardo non arrivi
perchè non sappia mai
se ad accoglierlo sarà una regina al quarzo
od una meretrice d’idrogeno
addio, si fa per dire
dobbiamo restare ancora a lungo su questo mondo
siamo creature di materia protostellare
balzi quantici negli interstizi del cosmo
pillole di carbonio rubate alla farmacia di dio
giacimenti di emozioni, rumore bianco
globuli di pensieri cangianti
persi dietro la bava delle lumache
tutti soli e smarriti, rapiti al sicuro ventre
a celebrare il nostro unico possedimento:
la vita… una poesia senza fine.