un fiume di emozioni senza fine

10 Novembre 2014
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3 minuti di lettura

Per un floydiano, un musicista ed un autore che, come me, sa di dover molto alla musica dei Pink Floyd per la propria ispirazione artistica, il 7 Novembre è stata una data molto attesa ed importante; anche sforzandosi di evitare aspettative troppo alte, non ho potuto fare a meno di credere che The Endless River oltre ad essere il loro ultimo album, sarebbe stata un’opera grandiosa. Anche a rigor di logica il più ottuso dei complottisti avrebbe riconosciuto che, per Gilmour e soci, lasciare al mondo come ultima eredità un brutto disco non era di sicuro una strada percorribile e di certo non si sarebbero creati il problema di lasciare all’ottimo The Division Bell il non difficile compito di chiudere la già fortunata serie di opere d’arte di cui l’umanità potrà fruire fino alla notte dei tempi.

Purtroppo è plausibile che, di questi tempi, per far soldi si sarebbe anche capaci di distruggere un mito senza troppe cerimonie e, nonostante la logica alla base del precedente pensiero fosse assolutamente accettabile, non sono riuscito ad allontanare da me la nera possibilità che The Endless River sarebbe stata solo una trovata commerciale, in definitiva una delusione. I recenti “parti” di buona parte delle reunion hanno spesso generato creature tutt’altro che originali, in alcuni casi (vedi Battiato) perfino deformi e deludenti sotto ogni profilo; a questo si aggiunga che l’ultimo dei Floyd era stato presentato come un album che avrebbe raccolto alcune session di The Division Bell, in sostanza gli scarti di un lavoro bello ma sicuramente non importantissimo come altri… (sospiro)… la possibilità di una delusione non era poi così remota!

Comunque, sperare che la data del 7 Novembre non sarebbe mai arrivata è stato piuttosto inutile ed è così che quando il buon vecchio amico Secco si è presentato alla soglia della mia porta con il prezioso oggetto fra le mani, è andato a quel paese anche l’iniziale progetto di ascoltare il vinile a distanza di qualche giorno nella speranza che, nel frattempo, arrivasse qualche voce dal web che il disco fosse una cacata e basta (con basse aspettative sicuramente non s’incorre in delusioni).

Il tributo del secco

Dopo aver consumato insieme una gustosa cenetta, io, Bro, il Secco, Maria ed il Corallo siamo stati chiamati verso la stanza destinata all’ascolto: chi mi conosce sa che da quando ho iniziato ad ascoltare musica ho sempre “preteso” di avere un “suono” che, oltre ad essere fedele, fosse immersivo e prepotente al punto da non permettere alcuna interazione umana diversa da uno sguardo od un sorriso, una volta dentro la tana dell’audiofilo pazzo, il primo a cedere alle emozioni è stato il Corallo che è fuggito da lì a poco tuttavia, nonostante il suo vigliacco abbandono, abbiamo lasciato che il cassetto del mio storico Yamaha accogliesse il supporto che il buon amico Secco stava già porgendomi da qualche minuto. Mentre l’Arcam iniziava a scaldarsi i transistor, il primo bit trasferito agli ingressi analogici da convertitori di primissima qualità stava già accarezzando i pneumatici delle Chario ed è così che, disteso nel grande letto, con Bro a destra ed il buon amico Secco a fianco, è iniziato con Maria l’ascolto di The Endless River che già dalla prima “atmosfera” ci ha inevitabilmente trascinato ai confini del mondo visibile. Da quel momento fino alla fine del disco, in un tempo indefinito che alla percezione umana è volato come tutte le cose belle, è stato un susseguirsi di emozioni potenti condite dal piacere di sentirle condivise, lì ho riscoperto un’emozione che credevo sepolta nel mio passato e cioè quella di ascoltare un disco nuovo dall’inizio alla fine senza aver bisogno di storcere il naso davanti ad una nota fuori posto, un’atmosfera portata per le lunghe, un ritornello troppo orecchiabile ed un senso di già sentito: aspetti, ahimè, decisamente frequenti negli album di quest’epoca.

Qualcuno ha detto che con opere dell’anima di tale livello, ogni parola che voglia descriverle è inutile; concordo in pieno e senza riserve su questo pensiero, i Floyd hanno la grande capacità (a quanto pare ancora viva) di far suonare le corde della nostra anima a frequenze uniche ed originali ove la risposta del singolo, assolutamente imperscrutabile, va semplicemente vissuta a livello emotivo; per questo e per altro non mi sento di fare alcun commento razionale sui quattro momenti in cui si divide The Endless River perchè ritengo sia compito di ogni anima interpretarle, mi permetto solo di dare un consiglio a chi dovesse ancora approcciarlo: ascoltatelo dall’inizio alla fine, magari con gli occhi chiusi, ancor meglio con amici che condividono la vostra stessa passione, perfetto se floydiani anche loro… sono sicuro che ovunque voi siate, partirete per un viaggio che non potrà che farvi del bene.

Concludendo voglio solo dire grazie a Richard Wrigh perchè motore emotivo di questo bellissimo disco, e grazie infine all’anima floydiana, sui cui “scarti” si fonda The Endless River, che ha reso possibile questo capolavoro, donandomi ancora una volta emozioni che porterò con me e nella mia musica fino alla fine del mio tempo.

Nicola Randone, alias Art, è Scrittore, musicista compositore, leader della band Randone con all'attivo 7 cd ed 1 dvd LIVE sotto edizione discografica Electromantic Music. Qui pone frammenti di vita, espressioni dell'anima, lamenti del cuore ed improbabili farneticazioni intellettuali.

6 Comments

  1. Lo sto ascoltando su Spotify… è tutto vero quello che hai scritto: è bello! Più “ambient” che “prog”; ad ogni modo un album da ascoltare più volte per chi ama i Pink Floyd senza “se” né “ma”. Gli spiriti critici (e sono tantissimi; ho letto recensioni di giornali inglesi e tedeschi da spavento) invece possono pure parlar male: segno che, da questi suoni, i cosiddetti esperti non ricevono nessuna emozione. Perché in fondo di emozioni si tratta… supportate dalla tecnica impareggiabile di marca floydiana. E dell’emozione di sapere che, per davvero, questo è l’ultimo capitolo.

    L’ho ascoltato due volte di seguito (non però in un sound system come quello da te descritto!!!!) e la seconda è stata anche meglio: ogni volta si possono scoprire nuove sfumature, particolari “lirici” che vanno dritto al cuore (i glissando, e la slide…!!).

    A me piace. Stiamo del resto parlando dei Pink Floyd. Nella “Side Three” ci sono momenti altissimi (forse i più alti di tutto il disco). E la ballata che chiude “il fiume infinito” è stupenda. Non si può, davvero, desiderare di più.

    L’unica noticina che mi tocca aggiungere è che tutti scrivono che “si sente” che è materiale in parte proveniente dalle sessions di “The Division Bell”. Io invece dico che qui c’è più, secondo me, “A Momentary Lapse of Reason”. In versione XXI secolo, certo, con l’aiuto di diversi collaboratori-amici e… con l’aggiunta suggestiva, in uno o due brani, della voce dello scienziato su sedia a rotelle Stephen Hawkins.

    Facit: occorre possederlo. E non solo: l’album “The Endless River” si fa anche ascoltare. Non puoi metterlo su uno scaffale e lasciarcelo: manda richiami, come le sirene mitologiche… Un’opera musicale che riesce a donare pace. “TBS9”, “TBS14” e la decisamente rockeggiante “Nervana”, ovvero tre brani extra purtroppo non presenti sul CD ma che, come vedo, sono presenti sul CD+DVD, suggeriscono anche ai più stupidi che qui non si tratta di “New Age”. Davanti agli occhi ti si schiude un firmamento, vero, ma i fautori di tale fenomeno (lo avverti a ogni momento), e dunque le stelle di prima grandezza, sono ancora loro: i PF. Uno dei quali (Wright) si è già proiettato nella dimensione “alia”, come sappiamo. E’ andato avanti per così dire.

    Sì, io riesco a sentirlo: il vento cosmico e il riflusso della marea della vita. Sono proprio loro: i Pink Floyd.

    Nostalgia di Syd Barrett e/o Roger Waters (come scrivono in tanti)? Chiaro: Syd (RIP, anche lui) e Roger sono due spiriti creativi davvero grandi; ma lo sapevamo tutti, e lo sappiamo, che, dall’uscita di Waters (dopo The Final Cut…) la musica avrebbe (ri)preso il sopravvento sui testi. E comunque Peggy, la moglie di Gilmour, ha sempre fornito testi validissimi. E’ suo add esempio quello del capolavoro “High Hopes” (una delle canzoni che riesce a farmi piangere) e suo è anche quello di “Louder Than Words”, sull’album di cui parliamo:

    We bitch and we fight
    Diss each other on sight
    But this thing we do
    These times together
    Rain or shine or stormy weather
    This thing we do

    With world-weary grace
    We’ve taken our places
    We could curse it or nurse it and give it a name

    It’s louder than words
    This thing that we do
    Louder than words
    The way it unfurls
    It’s louder than words
    The sum of our parts
    The beat of our hearts
    Is louder than words
    Louder than words

    The strings bend and slide
    As the hours glide by
    An old pair of shoes, your favorite blues
    Gonna tap out the rhythm
    Let’s go with the flow, wherever it goes
    We’re more than alive

    It’s louder than words
    This thing that we do
    Louder than words
    The way it unfurls
    It’s louder than words
    The sum of our parts
    The beat of our hearts
    Is louder than words
    Louder than words

    Songwriters
    Glimour, David / Samson, Polly

  2. concordo con te. io appena è arrivato il CD l’ho messo su e ascoltato in religioso silenzio e con atteggiamento neutro (senza i filtri del fan e del sentimentale). non fermato mai l’ascolto son andato dritto da capo a fondo [alla vecchia maniera]. Credo che la prima vera rivoluzione di TER sia proprio questo: riportare la musica all’ascolto scappando dal mordi-e-fuggi dal formato 3m e 40s, dal mutlitasking. TER si ascolta in blocco. Io non sono mai stato addentro alla demente (scusa il termine forte, ma tale è) querelle Watersiani vs Gilmouriani: i Pink Floyd sono un’entità musicale perennemente in movimento e mai statici, anche quando la loro musica possa apparire statica. Il cammino è sempre stato orientato al domani fin dagli albori e in ogni loro “tappa”. Anche Final Cut è a suo modo d’avanguardia! Io adoro questo lavoro e la musica che c’è dentro: come ho scritto in un altra pagina, c’è molta moltissima Ummagumma in TER che solo i sordi non percepiscono!

  3. ciao roberto… secondo me questo disco va ascoltato alla vecchia maniera e cioè tutto d’un fiato, credere di farsi un’idea ascoltando un paio di tracce o mettendolo come sottofondo mentre si chatta su facebook è il classico atteggiamento di chi ahimè ha disimparato ad “ascoltare” un certo tipo di musica… nonostante i giustificati richiami a The Division Bell e alle atmosfere floydiane in genere, io ho trovato questo disco straordinariamente NUOVO in termini di suoni (modernissimi) come anche di arrangiamento che mi ha stupito per la sua ricchezza e complessità… francamente mi stranisce sentire commenti del tipo: le solite cose dei pink floyd trite e ritrite… ma che hai fatto, hai messo la puntina del giradischi a cazzo, ti sei sentito 30 secondi e ti è venuto fuori questo pensiero? … l’album può piacere o no, probabilmente una persona che ama i Floyd con o senza Waters difficilmente ne resterà deluso, ma il resto delle persone dovrebbero prima ascoltarlo e poi giudicarlo… sempre che quest’ultimo aspetto sia davvero importante.
    frate… ti ringrazio… ho aspettato un pò dal nostro ascolto, giusto il tempo di trasformare in parole alcune emozioni (farlo con tutte mi è venuto troppo difficile) …tra qualche settimana l’appuntamento è col doppio LP e poi, l’anno prossimo, c’è sempre l’album solista di Gilmour

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